Rap, un’opera d’arte
Storie/«Once upon a Time in Shaolin» del Wu-Tang, il disco più raro del mondo Acquistato per 2 milioni di dollari da un affarista di origini albanesi, l’album del Clan resta un mistero per tutti
Storie/«Once upon a Time in Shaolin» del Wu-Tang, il disco più raro del mondo Acquistato per 2 milioni di dollari da un affarista di origini albanesi, l’album del Clan resta un mistero per tutti
Un album rap unico al mondo, un imprenditore senza scrupoli finito in carcere, due milioni di dollari, uno scontro tra la musica della strada e il lato più oscuro di Big Pharma, un pugno di canzoni smarrite. Gli ingredienti che compongono la storia di Once upon a Time in Shaolin, album inciso dalla formazione hip hop Wu-Tang Clan nel corso di sei anni e pubblicato nel 2015, sono degni di un thriller surreale. Non per nulla Netflix ha annunciato di recente che è in lavorazione un film che racconta questa incredibile vicenda, un progetto a cui secondo alcune fonti sarebbero anche legati la casa di produzione Plan B di Brad Pitt e il regista Paul Downs Coalizzo. Ma andiamo con ordine. Nel 2007 il collettivo newyorkese Wu- Tang Clan è uno dei nomi più affermati dell’universo hip hop. Il leader è il rapper Rober Diggs detto RZA, ma tutti gli altri componenti del gruppo (GZA, Method Man, Raekwon, Ghostface Killah, Inspectah Deck, U-God, Masta Killa, Cappadonna) sono riusciti a farsi un nome anche come artisti solisti. Stanno perdendo un po’ di smalto, ma dal loro debutto nel 1993 hanno dominato le classifiche. È tempo di cercare nuove strade. Entra così in scena il produttore musicale olandese di origini marocchine Tarik Azzougarh noto come Cilvaringz che da qualche anno segue il Wu-Tang Clan come artista di supporto. Nel 2007 propone a RZA, con cui ha fatto un tour mondiale, un progetto a cui nessuno aveva ancora pensato. Con le vendite in calo per colpa della digitalizzazione si poteva mettere in cantiere un album musicale concepito come un’opera d’arte rinascimentale, creato in una copia unica, esclusiva, destinata ad appartenere solamente e virtualmente per sempre al suo solo acquirente. Cilvaringz ha un’idea precisa e dice: «La gente non vede più la musica come arte. Non la vedono come qualcosa di valore. Questo deve cambiare». RZA viene convinto, ma la lavorazione del disco si protrae per anni, con registrazioni semi-clandestine e uno stretto riserbo sul progetto. La riservatezza è tale che gli stessi membri del Clan partecipano alle session di incisione credendo di lavorare a un side project di Cilvaringz e RZA.
COME UN DIPINTO
Nel marzo del 2014 il frontman del Wu-Tang Clan parla per la prima volta pubblicamente del lavoro in un’intervista, e annuncia un prodotto discografico senza precedenti creato come un dipinto di Degas o Monet: «Le cose hanno valore quando sono rare. Sarà come possedere lo scettro di un faraone egizio». Per RZA è l’inizio di una rivoluzione e vagheggia l’idea di far ascoltare il disco nei musei, così da godere la musica esattamente come un dipinto. L’album è Once upon a Time in Shaolin, un titolo che riporta al consueto immaginario legato ai film di cappa e spada orientali tanto cari a RZA, ed è pronto nel 2015. Si compone di 31 tracce suddivise in due cd e un libro di 174 pagine in pergamena rilegata in cuoio. Il tutto è racchiuso in un lussuoso scrigno argentato.
Per assicurare l’unicità del prodotto i master delle registrazioni sono stati distrutti e i cd non possono essere soggetti a copie fisiche ufficiali per 88 anni. Pubblicamente vengono presentati solo 13 minuti e l’opera viene messa in vendita su una piattaforma per aste on-line. E qui la storia prende una piega imprevista. La vendita infatti è un successo, Once upon a Time in Shaolin viene aggiudicato per due milioni di dollari. Tuttavia si scopre ben presto che l’acquirente non è un mecenate pronto a valorizzare il lavoro e a contribuire al suo prestigio o qualche star di Hollywood (pare che RZA sperasse in un’offerta generosa di Quentin Tarantino), ma uno speculatore chiamato Martin Shkreli. Un giovane self-made man figlio di immigrati albanesi, Shkreli nel 2015 è un astro nascente di Wall Street. Giovanissimo ha fondato due hedge fund, si è arricchito con vendite allo scoperto su azioni farmaceutiche e si è fatto la fama di essere tanto brillante quanto privo di scrupoli.
Dopo aver comprato il disco viene soprannominato «Pharma Bro», ma poco dopo si scopre che in una delle sue operazioni più spregiudicate ha acquistato il brevetto di un farmaco usato dai malati di HIV rimettondolo sul mercato a un prezzo 50 volte più alto.
LO SPECULATORE
Shkreli ha un talento speciale per restare antipatico e difende pubblicamente le sue speculazioni a scapito di malati gravi. Pharma Bro viene ribattezzato l’«uomo più odiato d’America», condensando su di sé tutti i peggiori stereotipi sul cinismo dell’industria farmaceutica. La pessima fama di Shkreli si riversa, quasi per osmosi, anche su Once upon a Time in Shaolin che sembra diventare istantaneamente un prodotto radioattivo. I fan del Wu-Tang Clan si sentono traditi per l’esclusività e lo snobismo dell’operazione. Il gruppo viene associato all’avidità dell’acquirente del disco. L’opera d’arte del rap appare sempre di più come una grande truffa. Shkreli da unico proprietario, sceglie di non diffonderne il contenuto anche se ne avrebbe la facoltà, vagheggia l’idea di distruggerlo o di creare una caccia al tesoro globale. La musica non viene suonata nei musei come RZA e Cilvaringz avrebbero auspicato, ma cade nell’oblio. Once upon a Time in Shaolin, nato per essere magnifico e misterioso, diventa maledetto e insignificante. Lo stesso RZA si trova costretto a spiegare che se avesse saputo bene con chi aveva a che fare non avrebbe permesso a Shkreli di comprare il lavoro. Troppo tardi. Anche alcuni membri del collettivo hip hop prendono le distanze.
Ghostface Killah si dissocia e attacca Shkreli: «Non ha nessun rispetto per la vita umana», dice in un’intervista. L’imprenditore reagisce con la classe che ormai tutti gli riconoscono e pubblica un video di minacce al rapper. Ma il malvagio Shkreli incontra il suo destino pochi mesi dopo quando viene arrestato per frode. Per l’accusa i suoi hedge fund avevano messo in piedi uno schema Ponzi che ingannava gli investitori.
Nel 2017 viene condannato a 7 anni di carcere e a una pena pecuniaria di 7,4 milioni di dollari. Il prezioso cofanetto contenente l’album viene sequestrato nel marzo del 2018 dalle autorità federali come il resto del patrimonio di Shkreli. Si dice che l’ex imprenditore abbia fatto un disperato, e fallito, tentativo di venderlo su eBay per incassare in extremis qualche soldo. Il contenuto del disco rimane a tutt’oggi un mistero, non esistono neppure attendibili versioni clandestine sul web. Once Upon a Time in Shaolin ha anche acuito i contrasti tra membri della formazione rap che periodicamente non perdono occasione per denigrare il lavoro maledetto. Ma nel lungo periodo quell’esperimento avventuroso è servito a consolidare l’immagine del Wu-Tang Clan. L’intera vicenda si è trasformata, ha detto RZA, in una straordinaria campagna promozionale: «L’equivalente di 25 milioni di dollari di pubblicità che ha portato il nostro brand dove non era mai stato». Negli ultimi anni il collettivo ha prodotto una fiction e un documentario sulla propria storia, nel 2019 un tour ha celebrato i 25 anni dell’album d’esordio. E Martin Shkreli? È detenuto presso il Metropolitan Detention Center a Brooklyn. Nel marzo 2020 ha chiesto di essere scarcerato perché, ha dichiarato, sarebbe stato in grado di creare in tempi record un farmaco contro il coronavirus. Il giudice ha rigettato la richiesta dicendo che il detenuto «replica lo stesso comportamento delirante e autocelebrativo per cui è stato condannato».
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