Rai, la destra litiga sulle poltrone. Il voto in Parlamento slitta al 26
Tv pubblica Muro delle opposizioni: prima le riforma chiesta dalla Ue. Meloni tenta la carta di un presidente «di garanzia», Forza Italia non molla su Simona Agnes. Il no di Pd, 5s e Avs. De Bortoli si chiama fuori
Tv pubblica Muro delle opposizioni: prima le riforma chiesta dalla Ue. Meloni tenta la carta di un presidente «di garanzia», Forza Italia non molla su Simona Agnes. Il no di Pd, 5s e Avs. De Bortoli si chiama fuori
Lo stallo delle destre sulla Rai non trova sbocco. Ieri i presidenti di Camera e Senato hanno annunciato ai capigruppo che il voto sui nuovi componenti del cda della tv pubblica di nomina parlamentare (previsto per oggi) slitta al 26 settembre. Così avevano deciso Meloni, Salvini e Tajani nell’ultimo vertice di maggioranza, visto che non hanno ancora trovato l’accordo sui vertici Rai, dall’ad al presidente, che sono nominati dal governo.
Lo stallo potrebbe non sbloccarsi neppure entro fine mese. E del resto le opposizioni potrebbero non partecipare al voto, anche se a loro spetta indicare 2 membri del cda (altri due alla maggioranza). Martedì tutti i partiti di opposizione hanno ribadito quanto già affermato all’inizio di agosto, e cioè che sono«indisponibili» a rinnovare il cda senza avere prima una riforma della governance. Nonsi trattadi un capriccio, visto che l’Ue ha chiesto esplicitamente una riforma che recepisca il Media Freedom Act, pena una procedura d’infrazione che potrebbe scattare nel 2025.
Meloni invece ha fretta di arrivare alle nomine, per promuovere il suo Giampaolo Rossi a amministratore delegato al posto di Roberto Sergio. «Basta rinvii», il diktat della premier. Ma i nodi a destra non sono stati sciolti. E così anche la deadline del 26 settembre viene vissuta diversamente dai partiti: perentoria per Fdi, assai meno per Forza Italia che punta alla presidenza per Simona Agnes, vicina a Gianni Letta. Meloni avrebbe lasciato intendere alle opposizioni che si potrebbeconvergere su una presidenza «di garanzia», e già sono fioccati i nomi, da Ferruccio de Bortoli (che ha declinato)a Milena Gabanelli, Giovanni Minoli e Antonio Di Bella. Schlein non ha alcuna intenzione di mollare la presa, a destra sperano di convincere i renziani (2 componenti in Vigilanza) su un nome di alto profilo, ma Forza Italia non molla su Agnes.
Il presidente ha bisogno del voto dei due terzi della Vigilanza, dunque anche di 3 voti delle opposizioni. «Loro continuano a parlare di posti mentre noi ci aspettiamo un segnale sul recepimento del media Freedom act nel nostro Paese», taglia corto Stefano Graziano del Pd. «È inutile che dalla maggioranza continuino a chiamare i vari membri della commissione per convincerli». Lo stallo potrebbe prolungarsi, con possibile proroga degli attuali vertici o la nomina di un «cda ponte» in attesa della riforma.
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