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Rai, il pensiero unico patinato

Rai, il pensiero unico patinatoMilena Gabanelli

Informazione Le poche voci divergenti sono di fatto occultate nelle pieghe del palinsesto

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 29 giugno 2016

Gli appunti che voglio fare qui ai nuovi palinsesti, non riguardano le singole reti, quanto l’immagine globale di Rai che scaturisce dalla loro somma. E l’immagine che percepisco è un’immagine insufficiente proprio riguardo all’informazione.
Gli eventi recenti, come il Brexit, sono testimonianza del bisogno di intervenire di volta in volta con servizi giornalistici tempestivi e di avere a disposizione contenitori flessibili che permettano di commentare gli eventi in diretta.

I palinsesti Rai che ho potuto visionare conservano un solo contenitore d’informazione in prima serata: Semprini su Rai3. Non sappiamo neanche se questa nuova forma di talk si presterà a questo scopo. Attualmente l’unico programma di commento politico trasferibile, in caso di eventi in prima serata, è il Porta a Porta di Vespa. Ma non possiamo affidare la politica ad un’unica voce.

E arriviamo così al secondo punto critico rispetto all’informazione. L’abbandono della lottizzazione delle reti ha sicuramente aspetti positivi, almeno perché sembra sottrarre la tv all’ingerenza dei partiti. Ma può essere letta anche in chiave critica come affermazione del pensiero unico. I conduttori di trasmissioni politiche e d’informazione sono tutti inquadrabili nella linea “ultra renziana” de La Repubblica di Calabresi e de Il Foglio di Cerasa. Insomma, una molteplicità di conduttori non significa necessariamente confronto tra opinioni diverse, se queste opinioni sono riconducibili ad una visione unica delle cose ed a una valutazione unanime degli eventi.

Preso atto altresì che le decisioni dei direttori di Rete vanno rispettate, io proporrei di intervenire sull’armonizzazione dei palinsesti per restituire visibilità a quel poco d’informazione dissidente che, nonostante tutto, sopravvive in Rai. Mi riferisco a Gabanelli e Iacona, relegati in nicchie di programmazione che ne annullano di fatto la visibilità. E che rappresentano veri e propri errori grammaticali dell’armonizzazione, perché non valorizzano programmi che comunque, oltre ad essere dissenzienti rispetto alla linea editoriale prevalente, presentano comunque costi di produzione che ne richiedono la migliore valorizzazione.

Sottolineo con un esempio clamoroso tutto ciò che ho descritto. Il lunedì e il martedì, giorni ormai di maggiore ascolto della tv in prime time, Rai1 ha collocato la sua migliore fiction, Rai2 il meglio dell’intrattenimento, mentre Rai3 i programmi d’informazione: Report della Gabanelli e il nuovo talk a cura del neo acquisto della Rai Semprini. E’ chiaro come sia complementare la programmazione di Rai1 e Rai2 e come sia penalizzata Rai3. Non sarebbe stato più opportuno collocare al lunedì e al martedì gli storici programmi di servizio di Rai3 come Mi manda Rai3 e Chi l’ha visto, che hanno uno zoccolo di spettatori fedeli ed esaltare le inchieste di Report al mercoledì o al giovedì?

Un’ultima osservazione: attenzione alla programmazione del sabato di Rai1, giorno tradizionale di appuntamento fisso con il varietà, che rischia di perdere anche il suo pubblico tradizionale, sconcertato da programmi differenti.

Concludendo, siamo di fronte ad una Rai monocorde, che esclude la differenza ed il confronto, cancellando la satira e la controinformazione. Le poche voci divergenti sono di fatto occultate nelle pieghe di un palinsesto di un pensiero unico televisivo tanto patinato da rivelarsi superficiale.

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