La decisione è presa. Lo schema che mercoledì l’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes presenterà al cda di viale Mazzini è il gioco delle tre carte: Mario Orfeo, rimosso mercoledì dalla direzione Approfondimenti, torna dov’era prima, alla guida del Tg3. L’attuale direttrice della testata, Simona Sala, passa alla direzione Day time al posto di Antonio Di Bella. Che, a sua volta, prenderà la casella che era stata assegnata a Orfeo, gli Approfondimenti. Per questa postazione Di Bella sarebbe stata la prima scelta di Fuortes al momento delle nomine alle nuove direzioni di genere sulle quali si incardina la nuova organizzazione della tv pubblica operativa tra una decina di giorni.

Che il rimescolamento arrivi a ridosso del debutto del nuovo piano industriale e di una stagione elettorale che si aprirà tra soli dieci giorni ha sorpreso i più, ed è arrivata come un fulmine a ciel sereno anche in consiglio d’amministrazione che ha ricevuto una comunicazione ufficiale solo ieri. E in particolare non l’hanno presa bene Pd e renziani (ma anche Fi), che sulla sponsorizzazione di Orfeo hanno sempre mostrato una compattezza inedita. Ma il blitz sarebbe stato pensato dall’ad per poter comporre il puzzle in tempi rapidissimi mettendosi al riparo dall’assalto dei partiti. Il che non ha impedito che mercoledì prendesse subito forma un totonomine che dava Angelo Mellone in quota Fdi al Day time. Voce rimasta tale e, coincidenza, ieri Fdi protestava denunciando la «totale mancanza di controllo dell’azienda».

Motivo ufficiale della rimozione di Orfeo la mancata presentazione dei palinsesti autunnali (motivi tecnici, secondo il giornalista). La versione circolata mercoledì – quando Dagospia ha dato la notizia del ritiro delle deleghe da parte dell’ad – di un Fuortes reso furioso anche per il ritratto tutt’altro che lusinghiero dedicatogli dal Foglio, ritenuto ispirato proprio Orfeo, seppure relegata sotto la voce «fantasie giornalistiche» dice forse di un rapporto comunque burrascoso. Ma è nelle cose che i programmi – trattandosi di un’azienda radiotelevisiva e non di un calzaturificio – , siano stati l’oggetto del contendere. E in particolare, trattandosi di una Rai mai liberata dalla morsa dei partiti, i programmi di approfondimento giornalistico. Il punto è capire cosa si sarebbe aspettato l’ad, apparso ondivago, se non in balia di spinte contrapposte, rispetto al «caso talk». E non aiuta la mancanza di prese di posizione ufficiali. Fuortes sarà ascoltato dalla commissione di vigilanza Rai dopo le elezioni e il referendum del 12 giugno.

A Orfeo, comunque, l’amministratore delegato imputerebbe una scarsa incisività nelle scelte, caselle lasciate sul vago nel palinsesto, pochi innesti. Quanto al mancato intervento per la rimodulazione dei talk (a tenere banco come è noto #Cartabianca e il «fenomeno Orsini», ma nel mirino c’era anche Report), la questione era ancora da definire.