I Quali prospettive ci sono per la pace in Ucraina? Difficile dirlo mentre l’inviato speciale cinese si trova a Kiev, il presidente Zelensky dichiara che la guerra non finirà senza la restituzione della Crimea e i leader del G7 propongono una Conferenza internazionale di pace che dovrebbe essere basata sul «piano in 10 punti» ucraino. Mosca, attraverso le parole del portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, continua ad accusare l’Occidente di fomentare le ostilità, «di creare ulteriori morti tramite le forniture di armi» che non fanno altro che «rimandare l’inevitabile fine del ‘regime’ neonazista di Kiev».

MA IL DISCORSO non torna. Primo perché sull’«inevitabile fine» la maggior parte degli analisti militari non sono d’accordo. Si pensi a Bakhmut. Ieri fonti ufficiali del ministero della Difesa di Mosca hanno ammesso che gli ucraini sono riusciti ad avanzare nell’area occidentale della città. Quale sforzo sia costato al titolare del dicastero, Sergej Shoigu, ammettere che una città sconosciuta e quasi assediata da 7 mesi non solo non sia stata conquistata ancora, ma sia addirittura a rischio controffensiva è facile immaginarlo.

LA CONTROPARTE ucraina, tramite le parole di Hanna Maliar, continua a definire la situazione a Bakhmut come «estremamente complessa» a causa dei continui attacchi russi e dell’arrivo di rifornimenti ai nemici negli ultimi giorni. Tuttavia, «Bakhmut rimane l’epicentro delle ostilità nell’Ucraina orientale. Durante i combattimenti, le nostre unità, nonostante non vi sia alcun vantaggio in termini di personale, proiettili e attrezzature, continuano ad avanzare sui fianchi» ha dichiarato ieri Sergey Cherevaty portavoce del Comando Est di Kiev. Cherevaty ha anche fornito una stima: tra i 150 e i 1.700 metri al giorno. Propaganda di guerra, si potrebbe obiettare, se non fosse che proprio da Mosca è giunta una conferma parziale di queste avanzate, seppur limitate, delle truppe ucraine.

Dall’altro lato continua l’ormai nota querelle tra il capo della compagnia di mercenari Wagner, Evgeny Prigozhin, e l’esercito regolare russo. «Sfortunatamente, unità del ministero della Difesa russo si sono ritirate fino a 570 metri a nord di Bakhmut, esponendo i nostri fianchi» ha dichiarato ieri in uno dei suoi consueti videomessaggi pubblicati online. Ormai Prigozhin non ha più freni nell’accusare apertamente i vertici moscoviti delle difficoltà dell’operazione militare speciale e sono in molti a ritenere che stia scherzando con il fuoco. Soprattutto dopo aver definito Putin «nonnetto».

SECONDO perché Mosca continua a bombardare pesantemente non solo le aree del fronte ma le grandi città nelle retrovie. Ieri, per il secondo giorno consecutivo, la capitale è stata colpita da una raffica di missili di vario tipo. Trenta secondo fonti ucraine, tra cui 6 missili ipersonici, gli ormai tristemente famosi Kinzhal, fiore all’occhiello dell’artiglieria russa. Lo Stato maggiore afferma di averne abbattuti 29, oltre a due droni kamikaze e due droni da ricognizione. Sergij Popko, capo dell’amministrazione militare di Kiev, ha dichiarato che i detriti generati dagli abbattimenti in aria hanno causato incendi nei quartieri Desnianskyi e Darnytskyi di Kiev, in quest’ultimo un complesso di garage ha preso fuoco. Si tratta del nono attacco sulla capitale ucraina dall’inizio di maggio e anche stavolta Popko ha definito questa serie di attacchi aerei «senza precedenti per forza, intensità e diversità». Al momento non ci sono informazioni confermate sulle vittime.

DA MOSCA, il ministero della Difesa ha diramato quella che ormai sembra una formula standard: «Tutti i bersagli designati sono stati colpiti», aggiungendo che gli obiettivi erano «grandi depositi di armi e attrezzature militari di fabbricazione straniera e truppe di riserva nemiche» e che l’attacco ha «impedito l’avanzamento delle riserve ucraine nelle aree di combattimento». Per Oleksii Danilov, segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina, invece, «Kiev rimane l’obiettivo maniacale e irraggiungibile di Putin. I luoghi simbolo di Kiev sono l’obiettivo degli attacchi missilistici russi».