Lo scorso 18 giugno ricorreva l’ottantesimo compleanno di Raffaella Maria Roberta Pelloni, in arte Raffaella Carrà, tra le più grandi icone della cultura pop italiana di tutti tempi, scomparsa il 5 luglio 2021. Nonostante i caratteri di semplicità e stereotipia associati al termine pop, l’icona-Carrà e la sua eredità culturale sono ancora di difficile interpretazione.
RAFFAELLA ha custodito gelosamente la sua vita privata, rendendo Pelloni opaca, per lasciare tutta la luce, non solo quella della ribalta, a Carrà. L’essenza del personaggio va cercata non tanto in una profondità ontologica che si presume debba essere ancora sondata, ma in una superficialità estetica in cui quell’essenza è già in bella vista e aspetta solo di essere rimessa in ordine.
Nell’ultimo anno si sono cimentati nell’impresa di perlustrare le superfici scintillanti dell’icona Carrà gli autori mai abbastanza lodati della trasmissione Rai Techetechetè, Daniele Luchetti con il documentario Raffa. Il ritratto inedito di un’icona senza tempo e infine la Fondazione Teatro Donizetti che, in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, ha prodotto l’opera nuova Raffa in the Sky (in scena fino all’8 ottobre), da un’idea di Francesco Micheli, che ne firma la regia, con il libretto di Renata Ciaravino e Alberto Mattioli, la musica di Lamberto Curtoni, diretta da Carlo Boccadoro, le scene di Edoardo Sanchi, i costumi di Alessio Rosati, le coreografie di Mattia Agatiello e il light design di Alessandro Andreoli.La redazione consiglia:
Raffaella Carrà, addio alla regina della tvRaffa in the Sky non è un musical o una delle altre forme intermedie di teatro musicale contemporaneo, ma un’«opera lirica “vera”, cantata dall’inizio alla fine, uno spettacolo in grado di parlare di tutto a tutti» (Mattioli). Non una biografia, ma una «fantaopera», una fiction sviluppata su due livelli: nel 1943, mentre l’aliena Raffella Carrà, «spirito immortale» di Arkadia, pianeta dell’Arte, viene spedita «a ispirare bellezza e armonia» sulla Terra sconvolta dalla Seconda Guerra Mondiale, nel sud Italia nasce Carmela, che qualche anno dopo, mentre Raffa cerca il canale più giusto attraverso cui esprimersi (prima la danza, poi il cinema), va a cercare fortuna come operaia al Nord, dove conosce Vito, lui pure operaio; mentre i due si sposano e hanno un figlio, Luca, Raffa diventa famosa in tv; adorata sia da Vito (che vede in lei un sogno erotico realizzato) che dall’ormai adolescente Luca (che vede in lei un emblema di libertà), Raffa segna la vita della famiglia tipo italiana: prima aiuta i due coniugi separati a ritrovare il loro amore, poi ricongiunge il figlio con i genitori. Rifiutatasi di tornare su Arkadia e decisa ad «amare, ridere, piangere, soffrire: rimanere in questo mondo, umana anch’io fino in fondo», ormai vicina alla fine della sua vita, Raffa la riassume così: «non ho imparato quale sia la vera Bellezza, ma so che nulla è profondo, di fronte alla fine, come la Leggerezza».
TORNATI INSIEME al personaggio sulla superficie «leggera» che ha dato e continua a dare un senso alla sua storia, ci accorgiamo di avere attraversato un racconto musicale la cui apparente leggerezza cela uno spessore di lavoro inconsueto. Tra citazioni colte (Donizetti, Ciajkovskij, Mozart, Monteverdi) prese in un «gioco di rimandi ad architetture arcaiche» piuttosto che alle cacofonie di un’avanguardia che non è mai stata interessata a comunicare a un pubblico, Curtoni usa le canzoni più famose di Carrà (Maga Maghella, Ma che musica maestro, Tuca, Tuca, A far l’amore comincia tu!, , Luca, Rumore, Ballo, ballo, Tanti auguri ecc.) come materiale sonoro da costruzione, ne mantiene le cellule melodiche caratterizzanti, le riarmonizza, ne riscrive la strumentazione, le cripta nella partitura straniandole, rendendole aliene, irriconoscibili, per poi svelarle di colpo «come compimento di una lunga preparazione», producendo «un effetto liberatorio» che il pubblico non esita a cogliere.
In mezzo a un cast di cantanti lirici di tradizione (Carmela Remigio, Gaia Petrone, Dave Monaco, Haris Andrianos e Roberto Lorenzi), la voce esile e aliena di Chiara Dello Iacovo, cantate pop al suo debutto in un teatro d’opera, ci restituisce una Carrà intensa e commovente.