Cultura

«Racconto il declino dell’America attraverso una distopia economica»

«Racconto il declino dell’America attraverso una distopia economica»La scrittrice statunitense Lionel Shriver

Intervista Parla la scrittrice statunitense Lionel Shriver, autrice di "I Mandible. Una famiglia, 2029-2047" pubblicato da 66thand2nd che sarà presentato domenica 9 dicembre a Roma, alle ore 16.30, nella sala Polaris della Nuvola nell'ambito di Più libri più liberi. La scrittrice che si è ispirata anche al crollo del mercato finanziario di dieci anni fa, spiega: "Ci piace pensare che l’economia sia governata da forze razionali. In realtà si regge sulla nostra fede. Come i bambini di Peter Pan fanno vivere Campanellino credendo nelle fate"

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 5 dicembre 2018

New York, 2029. Un cyber attacco lanciato da una potenza straniera cinque anni prima ha fatto precipitare il paese in una nuova «Età della pietra». L’economia è crollata travolgendo la vecchia geopolitica del pianeta e decretando la fine dell’«impero americano». Negli Stati Uniti ormai in bancarotta scarseggiano l’acqua e i generi alimentari, mentre il governo messicano sta erigendo un muro per impedire ai disoccupati americani di varcare il Rio Grande alla ricerca di migliori condizioni di vita e alla violenza e al caos che dilagano tra i «gringos» di diffondersi oltre il confine.

In questo drammatico scenario, anche i Mandible, una famiglia newyorkese ricca e sicura da generazioni devono fare i conti con le conseguenze di una crisi ancor più grave di quella degli anni Trenta. Così, il piccolo appartamento che la quarantenne Florence divide con il figlio e il compagno messicano finirà per trasformarsi in un rifugio per l’intera tribù famigliare. Mano a mano che la situazione peggiora, si capirà però che solo in una sorta di nuova «corsa verso il West», in questo caso il Nevada, risiedono le residue possibilità di vivere ancora liberi e felici in quello che è stato il territorio degli Stati Uniti.

Originaria del North Carolina, anche se da anni vive soprattutto a Londra, Lionel Shriver – all’anagrafe Margaret Ann, nome che ha abbandonato da tempo per tenersi alla larga dallo stereotipo della ragazza «con il nastro rosa tra i capelli» – è autrice di oltre una decina di romanzi, tra cui Dobbiamo parlare di Kevin, divenuto anche un film con Tilda Swinton. La scrittrice presenterà I Mandible. Una famiglia 2029-2047, pubblicato da 66thand2nd (pp. 486, euro 20) domenica 9 alle ore 16.30, nella sala Polaris della Nuvola.

Il vero protagonista di questo romanzo sembra essere il denaro. Le interessava raccontare cosa può rappresentare per le persone, anche sul piano individuale o piuttosto il peso che ha all’interno della società?
Entrambe le cose. Da un lato volevo esplorare la possibilità che gli Stati Uniti non riescano più a far fronte al loro debito nazionale e quali conseguenze ciò potrebbe avere su quello che è stato fin qui descritto come il loro «dominio» sul mondo. Dall’altro, immaginare quali conseguenze potrebbe avere la disintegrazione di un intero sistema economico su diverse generazioni di una medesima famiglia ricca. I Mandible sono infatti più che benestanti, e del resto, descrivere l’impoverimento di una famiglia già povera non avrebbe avuto molto senso.

I suoi romanzi precedenti affrontano temi quali la violenza giovanile, la crisi del sistema sanitario, la diffusione dell’obesità e, dopo i Mandible, ha scritto del tema della casa. Il suo percorso narrativo indaga le ossessioni della società americana?
Devo ammettere di essere particolarmente attratta dai temi sensibili, che suscitano emozioni forti e, spesso, contrasti; storie da «allarme rosso» arriverei a dire. Anche se si tratta di argomenti che la maggior parte degli scrittori non considererebbe attraenti né dal punto di vista letterario né commerciale. Così, ad esempio in Property, la serie di racconti dedicati al tema della proprietà immobiliare rifletto sui conflitti che la questione della casa produce nei territori, in quartieri e città, suscitando passioni spesso estreme, scontri durissimi tra le persone. È lo stesso motivo per cui ho voluto scrivere un romanzo che avesse al centro il denaro. Stranamente, fare soldi è un’esperienza piuttosto mite. Ma perdere denaro scatena invece ogni sorta di emozioni violente: risentimento, amarezza, rancore e rabbia. Per un romanziere si tratta in realtà, e senza ironia, di una vera miniera d’oro.

Uno dei personaggi del libro afferma che «il denaro è emotivo» e che l’intero sistema della finanza internazionale si basa su nozioni morali e quasi religiose quali «la fiducia». Per scriverlo lei ha studiato a lungo l’economia americana, si è fatta l’idea che a decidere delle nostre vite siano meccanismi del tutto irrazionali, se non una buona dose di follia?
Ci piace pensare che l’economia sia qualcosa di neutro e austero, governato da forze controllate e razionali. Ma, in verità, una valuta è soprattutto un sistema di credenze. È solo una nostra convinzione che il dollaro valga qualcosa che mantiene il «valore» del dollaro. L’intero sistema economico internazionale comprende un complesso insieme di trust interconnessi e, perciò, di sistemi di credenze interconnesse. Manteniamo tutto in qualche modo a galla con la nostra fede collettiva, proprio come i bambini di Peter Pan mantengono viva Campanellino credendo nelle fate.

Lei ha scritto Mandible nel 2016, prima dell’elezione di Trump, eppure uno dei temi che attraversa il romanzo è quello del «declino dell’America», osservato dalla crisi della classe media, che ha caratterizzato le presidenziali. Più che a un futuro possibile si è ispirata alla realtà che ha intorno?
Se ti guardi in giro, specialmente fuori dalle grandi metropoli, non devi avere una grande immaginazione per pensare al declino degli Stati Uniti. Le piccole città sembrano svuotate, chi ci abita spesso campa male o si trova in cattive condizioni di salute, per non parlare del numero dei poveri che è in costante crescita. Le infrastrutture cadono a pezzi e ora, con l’arrivo di Trump, anche il governo federale è destinato a cadere a pezzi. All’inizio del romanzo, uno dei personaggi, Lowell dice una grande verità: «i libri ambientati nel futuro riguardano sempre il presente».

Il romanzo è stato descritto come una «distopia economica»: nelle sue pagine quanto c’è di timore per il futuro e quanto di eco della grande crisi del 2008?
Senza dubbio sono stata influenzata da quanto accaduto allora. Abbiamo schivato per un pelo il disfacimento dell’intero sistema bancario internazionale. Eppure, nulla è veramente cambiato. Persistono sia la pessima regolamentazione del sistema finanziario che le rischiose e inaffidabili pratiche di investimento e soprattutto l’incredibile accumulo di debiti a livello mondiale di tutto il circuito bancario. I nostri soldi non potrebbero essere più a rischio. Se a questo si aggiunge che l’immaginazione di chi scrive fiction si infiamma più per i «quasi» della Storia che per quanto è accaduto fino in fondo, ecco che si può leggere la vicenda che racconto nel mio romanzo come una delle possibili conseguenze della crisi del 2008.

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