Cultura

Raccontare la notizia: trasformare gli eventi in narrazioni

Raccontare la notizia: trasformare gli eventi in narrazioniKara Walker, «Darkytown Rebellion», 2001

L’anticipazione dell'intervento del giornalista inglese alla manifestazione Writing Solidarity Come il miglior giornalismo cerca di prendere in prestito le capacità dei romanzieri

Pubblicato circa un anno faEdizione del 30 agosto 2023

C’è un vecchio detto inglese secondo cui un cane che morde un uomo non è certo una storia. Ma se un uomo morde un cane, vale la pena scriverne. La battuta illustra uno dei dilemmi del giornalismo: una storia degna di pubblicazione è inevitabilmente insolita e inaspettata e comporta il rischio che i media possano distorcere, piuttosto che chiarire, la nostra percezione della realtà. Quel morso, tuttavia, rivela uno degli elementi essenziali della storia: deve esserci conflitto. Serve un protagonista e un antagonista, quest’ultimo può essere una malattia o un disastro naturale. L’uno deve essere d’ostacolo all’altro.

CI DEVE ESSERE anche movimento: Hitchcock lo chiama «McGuffin», un espediente narrativo (la collana rubata o i documenti mancanti) che fa muovere tutti i personaggi. Quando ho iniziato come giornalista, molti anni fa, avanzavo proposte che potremmo definire statiche come «c’è un festival» oppure «quell’edificio è stato completato». Queste non sono storie, ma elenchi.

Per una buona narrazione anche il «motore interno» è molto importante: ci deve essere una spinta che mantenga il lettore sulla pagina e faccia girare gli ingranaggi. Il true crime ne ha in abbondanza, motivo per cui il genere è così popolare e, per alcuni produttori, redditizio. Ha un naturale effetto «girapagina» perché desideriamo ardentemente sapere «chi è stato» e cosa è successo.

Gli scrittori più abili, grazie a temi e tecniche familiari al true crime, riescono ad inserire nelle loro narrazioni quel guizzo in più. Il rischio mette il protagonista in pericolo, così continuiamo a seguirlo finché non torna a casa in salvo. Se un cane è stato morso da un uomo, deve trattarsi di una ferita profonda e rischiosa per la vita, in modo che l’uomo e il cane siano entrambi a rischio.

TRATTENIAMO anche le informazioni: il lettore va avanti perché desidera il completamento della narrazione, per comprendere e vedere il puzzle finito. È risaputo che l’esperienza della lettura è molto più soddisfacente quando è chi legge, e non chi scrive, a mettere insieme i pezzi. Nei corsi di scrittura si consiglia sempre di dare al lettore un «due più due» e mai un «quattro». Quindi, come scrittori, dobbiamo avere l’umiltà e il mestiere di non offrire tutto, di lasciare spazi ed ellissi.

Molto spesso si presume che, poiché un fatto di cronaca è importante, sia una storia, e si fatica (anche i professionisti esperti hanno difficoltà) a trasformare gli eventi globali – come la crisi dei rifugiati, le risorse in diminuzione o l’emergenza climatica – in una narrazione che le persone vogliano leggere. Quello che spegne l’interesse non è la negatività.

Ho scritto libri su fatti molto oscuri ed altri su argomenti edificanti: i primi vendono sempre di gran lunga più dei secondi. Il lettore non desiste nella lettura perché una storia deprime o rattrista. La difficoltà nel narrare queste crisi è la mancanza, spesso, del «buco della serratura»: il punto di vista unico che svela quasi tutto.

Perché il personaggio è al centro di ogni storia umana. Un’emergenza climatica narrata attraverso fatti orribili – estinzione e conteggio del carbonio – non risuona dentro di noi. Lo stesso vale per i reportage riguardo a rifugiati e migranti: i numeri sono importanti, ma la singola persona su cui si innesta la storia lo è ancora di più. Non appena le crisi diventano senza volto, diventano non relazionabili.

La cronaca dei disastri soffre di qualcosa di diverso: come con la migliore narrativa poliziesca, l’evento principale – la morte per terremoto, bomba e alluvione – è nel passato. Quindi strutturare la storia diventa vitale: l’evento passato deve essere ricostruito con lacune e supposizioni.

La saggistica narrativa è il nome altisonante di questo tentativo da parte di giornalisti di lunga data di prendere in prestito le capacità di un romanziere. Il giornalista di approfondimento è diventato un maratoneta negli ultimi anni, poiché Internet ha sradicato la necessità di essere succinti: il «non c’è spazio sulla pagina» non è più un problema. Quindi, come con lo streaming, la nostra narrazione diventa sempre più lunga e perdiamo, in qualche modo, la benedizione della brevità.

I MIGLIORI NARRATORI di saggistica riescono a trasformare le notizie non solo in ciò che è insolito ed estremo, ma anche in ciò che è possibile: mettono a disagio il lettore mostrando quanto siamo tutti vicini alla sfortuna, all’essere senzatetto, apolide o morire di fame. Le persone spesso citano Graham Greene che ha detto che «c’è una scheggia di ghiaccio nel cuore di uno scrittore», il che significa che uno scrittore deve essere agghiacciante e spietato con i propri personaggi. Ma credo sia vero anche il contrario: che solo l’empatico può veramente raccontare la storia di una persona.

L’evento a Roma il 2 e 3 settembre

Tobias Jones (1972) è un giornalista e scrittore inglese, vive in Italia dove lavora come corrispondente per testate come il «Guardian» e il «Financial Times». Il prossimo ottobre andrà in onda su Rai1 la fiction basata sul suo libro, «Sangue sull’altare. Il caso Elisa Claps: storia di un efferato omicidio e della difficile ricerca della verità», pubblicato da Il Saggiatore. Jones sarà a Roma il 2 e 3 settembre per l’evento charity Writing Solidarity dove quattro nazionali di calcio della Writers’ League (Italia, Germania, Inghilterra e Svezia) si sfideranno per l’occasione nell’appuntamento organizzato dalla scuola di scrittura e sceneggiatura di Francesco Trento, «Come si scrive una grande storia». Fuori dal campo scrittori e scrittrici da tutta Europa terranno masterclass il cui ricavato sarà interamente devoluto alle attività di Nawal Soufi per sostenere 100 famiglie di profughi. Tutto il programma su www.writingsolidarity.it

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