La poesia è una forma esigente di comunicazione. Esigente non perché si rivolga a un uditore/ spettatore/ consumatore dotto o presuntuoso, ma perché nasce da uno scavo nella lingua che è poi la connotazione prima del lavoro di qualsiasi artista. Ma nel/ nella poeta questo scavo opera nella concisione dello spazio che circonda la propria visione, il poeta resta un miniaturista, un certosino che coltiva una forma di tempo che qualcuno potrebbe chiamare disciplina, rigore, ricerca dell’equilibrio.
Con poche parole e pochi soffi, pochi respiri, dire del vero, dire del mondo, dire del vivere. Un romanziere o un saggista ha fiumi di inchiostro a disposizione per far parlare i propri personaggi, per farli agire e reagire, un poeta se la deve cavare come il centometrista in un impulso e un atto rapidissimo. Soltanto i gesti che occorrono, nulla di meno, nulla di più. Vero è che la poesia del contemporaneo ha cercato in diversi modi di allargare i confini della pagina, di fare spazio dentro lo spazio – il poema, il romanzo in versi, e di creare protesi, come quelle tentacolari tentazioni a cui cercava di resistere nel deserto il Sant’Antonio di Salvador Dalì, ve lo ricordate? Il cavallo imbizzarrito, la sequela di elefanti con in cima simboli di potere e desiderio, e al fondo, fra le nuvole, la colonna del solipsista, colui che ambisce a vivere di se stesso, che si vuole bastare, facendo finta che al mondo non esista altro.

UN POETA deve fare i conti con tutto questo, un poeta c’è chi dice che sia un monaco laico, ma spesso è credente, magari a modo suo. Come si può d’altronde proporre qualcosa in cui credere se tu stesso non credi in niente? Ma qui ci perderemmo in ampie disquisizione che ci porterebbero altrove.

*

L’ultima foresta

C’è

questo mio silenzio.

E c’è il silenzio che abita i grandi alberi.

E ci sono le vaste foreste, che sono grandi silenzi

suddivisi e ordinati. E poi c’è la vastità dell’esistere,

del pulsare, del nascere e del morire. E alfine,

o al principio, c’è il pensiero, che non

si adagia un attimo, che anche

quando medito galoppa e

invade e si incunea.

Una buona meditazione

avvicina questo mio silenzio

al silenzio del bosco, li fa vibrare insieme,

un’assonanza che ricorda il punto di partenza e

il punto di arrivo.

Nient’altro

*

Il poeta dunque, e la grammatica dell’essenzialità. Se l’arte è anzitutto un dialogo, una lettera privata che diparte – come una nave – da un individuo e si rivolge (punta) a un altro individuo, ci si può interessare anche a forme diverse di comunicazione e invenzione, dalla poesia alla natura (in quelle alternative spurie, ibride, che si chiamano «new nature writings»), dalla narrativa al giornalismo civile, dalla fotografia al teatro drammatico, dalla danza alla performance, dalla pittura alla musica elettronica.

È DALL’ESPERIENZA con il «teatro anatomico», con incontri personali, spettacoli per spettatori soli, e di questa profonda intimità è rimasto qualcosa che nel linguaggio arboreo è traducibile con un seme che nel tempo ha attecchito e ora ha iniziato a tirar fuori la testa dalla sabbia. Sono spuntate le prime foglie, le prime gemme, i primi boccioli. Un seme, una elaborazione meditativa e contemplativa, un fiore e un frutto. Dalla poesia alla poesia, attraverso la vita. E dunque mi sono impegnato a coltivare forme di «dendrosofia essenziale», che al momento mi hanno condotto a sottrarmi alla parola didascalica per tentare la via, probabilmente più complessa, sottile, ineludibile, della poesia e del simbolismo.
Due i progetti: uno è Domus respirandi, l’altro la «Riconciliazione con la Natura», entrambi esercizi di consegna. Domus respirandi: una stanza, tre sedute, l’attesa; due persone entrano, si accomodano, ricevono un foglio con un benvenuto ed una spiegazione dei momenti: la scelta di un tema fra quattro – il padre, la «nonmadre», la fragilità della natura, lo strumento ad aria. Le due persone scelgono, ciascuno per sé. Riconsegna del foglio e inizio della lettura di tre/quattro/cinque poesie a tema. Due minuti di silenzio. La consegna di una foto con una poesia e saluto. Durata effettiva: 12-15 minuti.

LA LETTURA è personale, ogni poche parole ci si guarda negli occhi, ci si ascolta, ci si intende. Anche coloro che entrano – magari – sotto la coercizione più o meno convincente della moglie o del fratello alla fine sono presenti, bastano pochi versi, una, due poesie al massimo. Un vero incontro che si manifesta grazie alle parole, al respiro, alla compresenza.

*

Accurare

Tutti i bambini

sanno che i gatti

nascono nelle noci.

Hai capito ? Nelle noci.

Basta spezzare il guscio

a mezzanotte, se c’è luna piena,

per vedere il piccolo seme di gatto bianco

che prepara l’idea della nascita. Se invece la

luna è buia la bestiolina sarà nera. Pezzata, maculata,

bicolore se la luna cresce o decresce. I gattometri

la chiamano Imminenza nocifera. Tutti i bambini

sanno che le noci sono le incubatrici dei gatti,

per questo preferiscono nasconderle sotto

il cuscino, perché da tempo hanno smesso

di credere alla fatina buona e all’arrivo

del postino col cappello rosso.

Tutto quel che si presenta

intatto va conservato

con cura

*

Nel corso degli anni ho tenuto atti che chiamo Procreazione del bosco in molte località. Parchi, giardini urbani, riserve, foreste remote, orti botanici, lunghe e articolate passeggiate nelle quali accompagno gruppi di persone a conoscere le diverse specie, «contando» di alberi, di foreste, di patriarchi millenari, di autori che ne hanno parlato. Alcune stagioni l’inserimento di momenti di meditazione, talora in bosco, talora accanto alle acque.
A Smerillo, nelle Marche, durante il festival «Le parole della montagna» si è svolto eseguire un semplice rito – dal gusto pagano, ma nondimeno spirituale; in questo caso si è celebrata una vera «eucarestia arborea». Insieme a un centinaio di persone siamo andati, scivolando nel buio della prima notte, in un bosco, nelle Marche, intorno a noi un cielo stellato, un pellegrinaggio silenzioso; abbiamo abbandonato le case, siamo transitati accanto al cimitero e ci siamo avviati in un sentiero boscoso, fitto. Poche torce. Nel cuore del cammino ci ha atteso un grande faggio che ci ha accolto e tollerato. Prima di partire, a molte persone, ho consegnato un seme che ero venuto a prelevare la mattina, all’alba, e ora loro lo porgevano al legittimo creatore. Emozionante vedere questo omaggio, nel silenzio, i passi incerti, le persone che si appoggiavano al tronco, che lo accarezzavano, che lo invocavano, lo ringraziavano.
La poesia dunque oggi si nutre di gesti concreti, ne ha bisogno, ne hanno bisogno le persone, gesti concreti che rispondono anche a un bisogno «cosmico», a quel qualcosa di più grande e vero che ci unisce al resto dell’esistente, alle altre creature, a quel che c’è stato prima di noi e che ci sarà dopo di noi.

*

La scuola del silenzio

Poteva

non dire una parola

nel corso della giornata.

Non sapeva leggere né scrivere,

imitava il silenzio della neve che scende,

delle bestie che si annullano nel sonno.

I ruscelli cristallizzano e nascondono,

i boschi si spogliano e zittiscono.

Per fare silenzio con la bocca

bisogna consentire al nulla

di trovare dimora

ove non esiste

movimento

*

I prossimi incontri:
Riguardo «Domus respirandi»: Il 16 agosto a Finale Ligure (SV), Libreria Cento Fiori. Il 19 ad Ayas (AO), Ayas Littéraire, Poesia & Genius loci. Per
«Procreazione del bosco»: oggi a San Severino Lucano (PZ), Festival dell’Escursionismo. Domani a Castiglione di Sicilia (CT), Etna, Sciaranuova Festival. Il 30 agosto al Bosco Chiesanuova (VR), Film Festival Lessinia.