Quote rifugiati: addio alla solidarietà
Unione europea Dopo Gran Bretagna, Ungheria e Polonia, anche la Francia si defila e rifiuta la ripartizione del "fardello" dei migranti. La Spagna segue a ruota. Contrari anche Baltici, Repubblica ceca, Slovacchia. Londra, con Dublino e Copenhagen hanno l'opt out. Renzi e Mogherini restano un po' soli (la Germania è riservata sull'obbligatorietà dell'accoglienza)
Unione europea Dopo Gran Bretagna, Ungheria e Polonia, anche la Francia si defila e rifiuta la ripartizione del "fardello" dei migranti. La Spagna segue a ruota. Contrari anche Baltici, Repubblica ceca, Slovacchia. Londra, con Dublino e Copenhagen hanno l'opt out. Renzi e Mogherini restano un po' soli (la Germania è riservata sull'obbligatorietà dell'accoglienza)
Addio solidarietà sulle “quote” per la distribuzione del cosiddetto “fardello” dei rifugiati tra i paesi della Ue, che rischiano di essere nate morte. Questa proposta della Commisisone divide e ormai è scoppiata la polemica. Ad aprire il varco è stata la Francia, che dopo alcuni giorni di ambiguità si è chiaramente schierata con la Gran Bretagna, l’Ungheria e la Polonia, i primi a rifiutare chiaramente la politica delle quote. La Spagna ha subito seguito. La ripartizione dei rifugiati tra paesi Ue è stata presentata solo in Italia come una decisione già accettata nella Ue, addirittura come una vittoria di Roma, di Renzi e di Mrs Pesc, Federica Mogherini.
L’intenzione del presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, era di alleggerire il “fardello” per l’Italia e la Grecia. Ma il primo ministro Manuel Valls, sabato a Mentone, ha gelato il clima. La scelta del luogo della dichiarazione di Valls non è neutra: nell’ultima settimana, la frontiera con l’Italia è stata teatro di un aumento dei tentativi di passaggio di clandestini. E nel sud della Francia il Fronte nazionale è molto forte, l’Ump deriva sempre più a destra e Sarkozy ha definito le quote “una follia”. “Sono contro l’instaurazione di quote di migranti, questa non è mai stata la posizione francese”, ha precisato Valls, contraddicendo il ministro degli interni, Bernard Cazeneuve, che lunedi’ scorso aveva trovato “normale” che “ci sia una ripartizione dei migranti tra i diversi paesi della Ue”.
Ma Valls adesso spiega: “con il presidente della Repubblica abbiamo considerato che bisognava parlare molto forte per evitare qualsiasi ambiguità. Non bisognava far credere che avremmo accettato delle quote. Nel dibattito nazionale bisognava essere chiari”. Valls accetta l’idea che “i rifugiati devono essere ripartiti tra i paesi membri in modo più equo”. Ma aggiunge: “questo presuppone di tener conto degli sforzi fatti da ognuno”. E cioè: “oggi, Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e Svezia accolgono il 75% dei rifugiati”. La Francia, in altri termini, potrebbe accettare la ripartizione dei 20mila indentificati dall’Onu – una coperazione “volontarista” nei ternini di Valls – ma non intende farsi dettare criteri da Bruxelles per gli sbarcati in Italia. Inoltre, la Francia è decisamente contraria ad ogni riforma della convenzione di Dublino, come invece richiede Roma: per Valls, tocca al paese di primo sbarco fare “lo smistamento” tra candidati all’asilo e irregolari (da rinviare nel paese di origine) e esaminare le domande dei rifugiati. La Francia sta riformando il diritto d’asilo, per velocizzare le pratiche, ma questo diritto resta “nazionale”.
Anche la Germania è molto riservata sull’obbligatorietà delle quote, non prede posizione ma preferisce scelte nazionali. Secondo i calcoli della Commissione, basati su pil, popolazione, disoccupazione, numero di accoglienze, la Francia dovrebbe accettare il 14% di rifugiati in più. Ma “la Francia fa già tanto”, insiste Valls (5mila rifugiati siriani e 4500 iracheni accolti dal 2012). La Spagna ieri ha detto la stessa cosa. Per il ministro degli esteri, José Manuel Garcia Margallo, “lo sforzo di solidarietà deve essere proporzionato, giusto e realistico, cosa che i criteri proposti dalla Commissione non sono”. Bruxelles deve tener conto degli “sforzi giganteschi” già fatti finora dalla Spagna.
Il ministro degli esteri ungherese, Szabolcs Takacz, ha spiegato: “la posizione del mio governo è chiara: siamo contrari alle quote obbligatorie, e credo lo siano anche altri paesi, Repubblica ceca, Slovacchia, Baltici, Polonia, Gran Bretagna, e se non sbaglio ora si è aggiunta anche la Francia” e la Spagna ha seguito. Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca si tirano fuori da questo tipo di politiche grazie all’opt out.
Il ministro italiano Paolo Gentiloni si rammarica: ad aprile ”c’è stato un risveglio, sarebbe molto amaro constatare che quella iniziativa e la disponibilità di condividere, di rendere il problema europeo e non solo italiano, facesse dei passi indietro”. Per Mogherini, “le quote sono uno dei tasselli” di un’azione europea “efficace”, perché “la condivisione delle responsabilità e cosa facciamo delle persone che salviamo è parte integrante dela strategia”.
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