In politica quando fai delle promesse devi mantenerle e noi avevamo promesso una rivoluzione della mobilità». Non usa troppi giri di parole Giuseppe Grezzi, l’italiano che ha cambiato il modo di muoversi a Valencia. «Ho 50 anni, sono lucano, vivo a Valencia da 22 anni e da 7 sono assessore alla mobilità. Siamo al secondo mandato, qui si vota ogni quattro anni e le prossime elezioni comunali saranno tra pochi mesi, a fine maggio». Con i suoi 790 mila abitanti Valencia è la terza città della Spagna ed è stata nominata Capitale verde europea 2024. Giuseppe Grezzi è la persona giusta per farsi raccontare com’è avvenuta questa «rivoluzione verde».

Com’è finito a fare l’assessore a Valencia?

Mi sono trasferito a Valencia nell’estate del 2000. Vivevo a Bologna dove ho conosciuto una ragazza spagnola in Erasmus. Diciamo che mi ha portato qui l’amore. Poi ho cominciato a impegnarmi nella società valenciana, ho conosciuto realtà politiche, associative, sindacali. Ho contribuito alla nascita del movimento Compromís, che possiamo tradurre in italiano con la parola impegno. Significa che siamo impegnati sul territorio. Abbiamo creato questa coalizione nel 2010 e nel 2011 siamo entrati in consiglio comunale con tre consiglieri. Io ero il quarto della lista e sono diventato assistente del capogruppo Joan Ribó i Canut. Abbiamo iniziato a lavorare a un nostro progetto di città e alle elezioni successive, nel 2015, abbiamo triplicato i nostri voti. Siamo stati i più votati a sinistra e il capogruppo è diventato sindaco. Da quel momento, giugno 2015, ho assunto il ruolo di assessore alla mobilità e abbiamo iniziato a lavorare alla trasformazione dei trasporti. Nel 2019 abbiamo rivinto le elezioni aumentando ancora i consensi.

Com’era Valencia sette anni fa quando ha iniziato a fare l’assessore alla mobilità?

Valencia era una città dove con la macchina potevi andare ovunque, anche nel centro storico, vicino alla cattedrale. Cominciammo a lavorare con interventi per scoraggiare l’uso dell’automobile, studiammo i percorsi per capire come permettere ai cittadini di non usare l’auto e usare invece mezzi pubblici o bicicletta. Cominciammo a fare progetti per avere una rete di piste ciclabili capillare, protetta, con corsie bidirezionali, di minimo 2,50 metri di larghezza, con separatori fisici per far sentire le persone sicure e incentivarle all’uso delle piste ciclabili. Poi abbiamo investito sui trasporti pubblici, sulle aree pedonali e su quello che a Barcellona chiamano superblock, che è la pedonalizzazione di interi blocchi di quartieri dove le auto non sono più le benvenute e sono costrette a circolare sul reticolo esterno al quartiere. Già nell’estate del 2015, due mesi dopo aver vinto le elezioni, dichiarammo tutto il centro storico zona 30. Oggi il 73% delle strade di Valencia ha il limite di velocità di 30 km/h. In pochi anni la circolazione delle auto è calata di oltre il 10%. Sembra poco ma significa oltre 100 mila auto in meno al giorno per una città come la nostra. Poi c’è stata la pandemia e abbiamo sfruttato i due anni di restrizioni per portare avanti alcuni progetti come la pedonalizzazione della piazza del Comune. Sembra assurdo ma a Valencia la piazza del Comune era un incrocio dove circolavano 10 mila auto al giorno. Ora nel centro la riduzione delle auto è tra il 50 e il 70%.

Quindi siete intervenuti in modo strutturale, avete modificato strade e spazi pubblici, non sono stati interventi leggeri.

Sì. Ad esempio per fare le piste ciclabili noi togliamo una carreggiata alle auto nelle strade a due corsie e su una mettiamo la pista garantendo percorsi sicuri. Poi abbiamo tolto parcheggi perché le piste non devono essere tortuose: se vai in bici sei allo stesso livello delle auto e non devi avere un percorso a ostacoli.

E non via hanno fatto una guerra feroce automobilisti, commercianti e oppositori vari?

Sì, ci sono state anche manifestazioni sotto alla sede del Comune, articoli di giornale, di tutto. Noi abbiamo creato anche uno spazio di dibattito, lo abbiamo chiamato «tavolo della mobilità», abbiamo portato a discutere associazioni, imprenditori, commercianti, e poi c’eravamo noi che spiegavamo che avevamo vinto le elezioni sulla base di un programma che prevedeva un cambiamento radicale. Se vogliamo che i cittadini credano nella politica devono vedere che quando fai delle promesse poi le mantieni. Non stavamo ingannando nessuno. A proposito degli interventi strutturali che citavi prima, noi abbiamo ridotto anche larghezza delle strade perché più sono larghe più si tende ad andare veloci. Diminuendo la velocità sono diminuiti gli incidenti gravi, le emissioni inquinanti e il rumore.

Parallelamente avete potenziato l’offerta di mezzi pubblici? Avete dato un’alternativa a chi usa l’auto?

Ovviamente. Abbiamo aumentato il budget di circa il 40%, abbiamo comprato 348 nuovi autobus dei 500 che abbiamo, abbiamo fatto assunzioni tra gli autisti, aumentato le frequenze, abbiamo fatto cambi di linea per renderle più efficienti e fare una copertura territoriale migliore, abbiamo fatto le corsie riservate agli autobus, che è il miglior modo per garantire la giusta velocità, frequenza e regolarità ai mezzi: i tre aspetti fondamentali per un buon servizio pubblico. Ad ogni limitazione per le auto abbiamo affiancato un potenziamento dei mezzi pubblici e delle bici. Il problema è che siamo una zona metropolitana e come tutte le città abbiamo centinaia di migliaia di auto che ogni giorno entrano in città per lavorare.
Milano arriva anche a un milione di auto in ingresso al giorno.
Questo è il problema che hanno tutte le grandi città. Noi non abbiamo competenze sull’area metropolitana perché non esistono le Città metropolitane e le aree metropolitane dipendono dalla Regione che però è andata più lenta nel fare una serie di misure necessarie per ridurre le auto, quindi sul trasporto metropolitano abbiamo ancora molto da fare.
E come li avete finanziati questi interventi? Avete avuto aiuti statali o regionali?
Anzitutto con il budget del Comune, poi con i finanziamenti europei che ci hanno permesso di coprire i costi delle piste ciclabili per il 50%. L’Italia dovrebbe sfruttare di più i bandi e i finanziamenti europei. Ti dico un’altra cosa: in sette anni siamo riusciti anche a ridurre il debito del Comune che avevamo ereditato dalle giunte di destra del 70%. Abbiamo fatto una serie di riforme virtuose, abbiamo avuto più introiti e abbiamo reinvestito tutto in questo progetto di città nuova.
Avete aumento le tariffe dei mezzi pubblici?
Abbiamo portato il carnet 10 viaggi da 8€ a 8,50€ e non l’abbiamo più toccato. I pensionati pagavano un abbonamento annuale di 18€, ora costa 20€ l’anno. Gli aumenti veri li abbiamo fatti sulle tasse locali sui redditi più alti o sugli immobili di lusso. Abbiamo cercato di riequilibrare i conti facendo pagare chi ha di più. Noi siamo un governo progressista, il costo della transizione ecologica deve pagarlo chi è più ricco.