Economia

Questioni di rating: per Fitch le prospettive dell’Italia restano «negative»

Questioni di rating: per Fitch le prospettive dell’Italia restano «negative»

Draghi: «Uscire dall’Euro non dà più sovranità». Fondi Ue: accordo Parigi-Berlino. Tria: «le regole Ue non consentono interventi anti-crisi».

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 febbraio 2019

L’affidabilità creditizia dello Stato italiano resta due gradini al di sopra del livello al quale sono relegati i debitori considerati meno affidabili dall’agenzia di rating Fitch. Le prospettive restano dunque invariate, ovvero negative. Il giudizio, atteso nelle ultime 24 ore, riflette il livello alto del debito pubblico. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, che ha iniziato il nuovo balletto solo qualche giorno fa su una ipotetica «manovra bis», ieri pomeriggio ha detto che Fitch «dirà la sua, noi diremo la nostra».

«La manovra correttiva? l’ho già esclusa» ha detto il premier Giuseppe Conte, per il quale com’è noto l’anno in corso sarà «bellissimo». In realtà, già tra giugno e luglio, il governo ha previsto una «caparra» da due miliardi di euro. Se i conti fatti nella legge di bilancio approvata a dicembre 2018 saranno sballati, l’esecutivo già prevede di azionare queste «clausole», una singolare forma di austerità auto-inflitta. È tuttavia probabile che l’importo necessario a coprire le previsioni errate – con una crescita che sarà molto più bassa di quella preventivata, oggi l’Italia è ultima nell’Eurozona – sarà ingente. Si parla di otto miliardi di euro. Dopo le elezioni europee di fine maggio, la maggioranza Lega-Cinque Stelle potrebbe essere costretta a sciogliere il nodo. Se, invece, i due miliardi accantonati saranno ritenuti sufficienti per calmare le acque, si rinvierà tutto a settembre-ottobre.

Allora potrebbero arrivare i primi veri guai: oltre allo sbilancio di quest’anno nella prossima manovra i populisti dovranno trovare 23,1 miliardi per sterilizzare le clausole sull’Iva. 28,7 miliardi dovranno essere trovati per il 2021. In attesa di un piano per gli «investimenti», il governo si è impegnato in un fantascientifico, e temibile, piano di vendita di partecipazioni statali e privatizzazioni pari a 18 miliardi.

In questo quadro, oggettivamente complicato, ieri all’apertura dell’anno accademico nella sua università, Tor Vergata a Roma, il ministro dell’Economia Tria è sembrato preparare il terreno per il secondo tempo dello scontro con la Commissione Ue, dopo i rovesci subiti tra la scena del balcone di Palazzo Chigi a fine settembre e la ritirata di Bruxelles a dicembre. Il disco è lo stesso: la richiesta di attenersi ai parametri del Fiscal Compact, come ha fatto il governo, può funzione con la crescita. Ora che si è passati dall’1,2% (per Bruxelles; 1,5% per il governo) al, forse 0,2%, servono risposte diverse. L’architettura attuale invece «impedisce aggiustamenti discrezionali delle politiche finendo con l’agire in direzione prociclica se non strutturalmente deflattiva» ha detto Tria. Si torna alla carica per una maggiore «flessibilità», perché « non devono essere i “tecnicismi” a dettare legge».

A Bologna per una laurea honoris causa Mario Draghi (Bce) ha lanciato ieri di nuovo l’avvertimento: «Uscire dalla Ue non dà maggiore sovranità – ha detto – La maggior parte dei paesi, da soli, non potrebbero beneficiare della fatturazione delle loro importazioni nella valuta nazionale, il che esaspererebbe gli effetti inflazionistici nel caso di svalutazioni». Draghi è stato contestato dai collettivi Hobo e Cua e dagli attivisti di Link Bologna – Studenti Indipendenti.

Nel frattempo Francia e Germania hanno messo a punto una proposta sulla distribuzione dei fondi Ue: andranno ai paesi con i conti in regola. Una proposta bocciata dall’Europarlamento la settimana scorsa.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento