Quell’intermediario divino, tra scambi viaggi e leggerissime bugie
NARRAZIONI «Vite di Mercurio», di Alberto Savinio per le Edizioni Spartaco. Il volume, nella collana diretta da Alessio Bottone, è introdotto da Silvio Perrella
NARRAZIONI «Vite di Mercurio», di Alberto Savinio per le Edizioni Spartaco. Il volume, nella collana diretta da Alessio Bottone, è introdotto da Silvio Perrella
Patrono dei commercianti e dei viaggiatori, dei ladri e degli ipocriti, Hermes, denominato Mercurio nella mitologia romana, è una delle divinità più controverse di tutto l’Olimpo. Alberto Savinio fu affascinato dalla figura di questo psicopompo, di quest’inafferrabile messaggero alato che attraversa con un senso di svagatezza la sua opera composita. «Hermes malato, afflitto dei peggiori mali, tutto bendato e rappezzato, fasciato e rabberciato: simbolo e immagine dell’uomo attuale», si legge in un emblematico passaggio della Casa ispirata. Alla voce «Baudelaire» della Nuova enciclopedia l’autore asserisce di voler scrivere un racconto in cui «un dio greco (Ermete), stanco della sua inutile immortalità, vuole farsi uomo per poter morire».
D’altronde sappiamo quanto le figure mitologiche trovino ricetto nell’opera letteraria e pittorica di Savinio, per essere trasformate in entità teriomorfe, dai tratti tuttavia non troppo inquietanti, sospese tra un’agognata dimensione umana e una poco rassicurante profondità divina. Zeus diventa finanziere, Orfeo non dispiace alle donne, Ercole indossa giacca a quadri, berretto a visiera e impugna il cannocchiale. Senza parlare del poltrobabbo e della poltromamma, strano e attualissimo coacervo di genitori incorporati nelle predilette poltrone fino a diventare esseri autonomi (in un articolo del 1951, apparso sul «Corriere d’informazione», si chiedeva profeticamente Kuando skriveremo kosì?).
SILVIO PERRELLA ha ora raccolto un florilegio di testi saviniani incentrati sulla figura di Hermes nel godibilissimo volumetto Vite di Mercurio (pp. 112, euro 14,00), pubblicato dalle Edizioni Spartaco, arricchendolo di una sua lunga e articolata introduzione. Savinio licenziò nel 1945 nella collana «L’âge d’or» delle Éditions Fontaine, diretta da Henri Parisot, che faceva capo all’eponima rivista, la prosa Introduction à une vie de Mercure, scritta in francese, che viene riportata in quest’antologia nella bella traduzione di Nicoletta Agresta. Era uscita in forma variata nel 1929, nel n. 4 della rivista «Bifur». Il testo aveva conosciuto una versione di Maurizio Enoch, impreziosita di otto tavole di Luigi Ontani, nelle Edizioni l’Obliquo nel 1990; un’altra traduzione di Maurizio Grasso uscì nel 2022 per Solfanelli. Figura inoltre nel primo volume delle Opere di Adelphi, curate da Alessandro Tinterri e contenente Hermaphrodito e altri romanzi.
Nel nostro paese è stato Leonardo Sciascia, che lo considerava «il più grande scrittore italiano tra le due guerre», a rilanciare Savinio, anche se non bisogna dimenticare che André Breton lo incluse nella sua Antologia dello humour nero dove fa capolino tra i cammei di Hans Arp e Jacques Vaché, considerato uno degli antesignani del surrealismo. Ed è significativo che il brano incluso nell’antologia bretoniana è tratto proprio dall’Introduction à une vie de Mercure.
PERRELLA RACCONTA come avvenne l’incontro fiabesco tra Mercurio (definito pleonasticamente «Mercuriale») e Savinio, nato in Grecia al pari del fratello Giorgio de Chirico: «Amava scrivere mescolando le lingue; usava un ermafroditismo immaginativo che non sapeva nemmeno lui dove lo avrebbe portato; gli era cara la forma breve del racconto dell’apologo della voce d’enciclopedia che si voleva nuova perché preda assoluta della digressione del sussulto dell’invenzione perenne e figlia di un pensiero che sposava atomi e dèi, Luciano di Samosata e Stendhal».
Si susseguono così svariate prose alternate a una serie di disegni dello stesso autore (tra cui l’Apollinaire ferito), laddove Mercurio, con un senso desueto del mimetismo, subisce infinite metamorfosi, trasformandosi ora in gallo aggressivo ora in anonimo manichino.
ALTROVE SI DESCRIVE l’apparizione di Mercurio che presenta qualche analogia con i suoi dipinti («là donde era salpato vidi levarsi un uomo nudo e senza braccia che mi guardava in modo freddo, ché dentro i suoi occhi pieni e bianchi non s’aggiravano pupille animatrici»), mentre la morte del padre rimanda alle atmosfere autobiografiche descritte in Infanzia di Nivasio Dolcemare e Tragedia dell’infanzia. «Ma la morte di Savinio non fu solo un gesto di umiltà e di umiliazione umana. Fu la scomparsa – giacché quello morire non può – di una delle forme umane di Mercurio». Sono parole di Manganelli che recupera l’osmosi tra un dio e un suo seguace che descriverà quel dio ingannevole e bugiardo in maniera divina.
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