Tanto poco, l’ultimo romanzo di Marco Lodoli edito da Einaudi, racconta in prima persona l’ossessione amorosa di una donna di cui non conosciamo il nome, ma sappiamo che non si chiama Caterina. È lei la voce narrante nel testo, scritto in prima persona.

È UNA BIDELLA, così si definisce, di una scuola nella prima periferia di Roma. La sua carriera inizia quasi di pari passo con quella di Matteo Lodoli, il professore di Lettere di cui si innamora il primo giorno in cui lui arriva a prendere servizio e lei lo scambia per un alunno, anche se in realtà i due sono all’incirca coetanei: in quel primo incontro hanno entrambi neanche trent’anni.
Matteo nel corso della sua lunga carriera come docente in quella stessa scuola non imparerà mai il nome della bidella che, invece, dedicherà a lui la sua intera esistenza, con devozione, affidandogli il senso della sua vita, forse perché come lei stessa sostiene è capitato che lui abbia, suo malgrado e a sua insaputa, colmato un vuoto.
Le loro esistenze procedono in modo molto diverso, perché questa è la storia di un amore non corrisposto fra una bidella e un professore, cioè due persone che occupano una posizione gerarchicamente connotata: «glielo insegnano fin da piccoli in certi ambienti sociali: fai quello che devi fare e cerca di essere il migliore. Noi del popolo siamo educati alla rassegnazione o alla rabbia, loro alla superiorità». Matteo non solo diventa di ruolo in quella scuola, ma persegue, in un intervallarsi di pochi successi e gravi delusioni, la sua ambizione letteraria pubblicando romanzi e, a un certo punto, vincendo un dottorato.
È molto interessante come Lodoli descriva con un’evidente sapienza le dinamiche che si sviluppano all’interno del collegio docenti rispetto al talento del giovane collega, che non solo non viene riconosciuto, ma che nel momento in cui viene lodato dal Preside suscita la furia frustrata di orde di professori che hanno tutti un libro nel cassetto e che, soprattutto, si definiscono «insegnanti che non saltano una lezione da anni, che si fanno in quattro per educare una mandria di ritardati». Del resto, le capacità di Lodoli di narrare l’ambiente scolastico sono risapute.

LA VITA della bidella, invece, risulta essere, come le dirà la sua amica Mirella, il palmo vuoto di una mano. In realtà, le accadono delle tragedie che però lei descrive come se fossero minuzie: uno stupro e il conseguente aborto, la solitudine. Solo il professore conta e tutta la sua ricerca della felicità si comprime nel conoscere a memoria l’orario scolastico di Matteo, poi nel sapere dove abita, spiarlo quando è solo e continuare a farlo quando diventa padre di tre figli o nel momento in cui si separa…
La sua esistenza è votata al servizio e in questo ha una sua indubbia sacralità. Lodoli pone con questo romanzo un dilemma morale: ha più senso la vita dedicata al fuoco sacro dell’amore, che descrive come «una corona di spine, una lancia nel petto che trafigge continuamente, una gioia dolorosissima», che non prevede l’incontro con la realtà o adeguarsi al mutare delle cose, al loro deperimento, alla vacuità di ogni ambizione e progetto di vita? L’ideale di purezza della protagonista è insostenibile e lambisce fino poi a sfociare nell’evidente disagio mentale, eppure nel libro se c’è un’attitudine eroica è di certo la sua.
L’autore sarà a Libri Come con il suo romanzo il 23 marzo, alle ore 14.30, insieme a Emanuele Trevi