Internazionale

«Quelle demolizioni sono una nuova Nakba»

«Quelle demolizioni sono una nuova Nakba»

Intervista L'attivista Younes Arar: «La vastità delle distruzioni e i tanti civili coinvolti mi portano a parlare di una nuova 'catastrofe' per il popolo palestinese»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 luglio 2019
Michele GiorgioGERUSALEMME

Si guarda avanti, a ciò che significano le demolizioni a Sur Baher per tutti i palestinesi che vivono a ridosso del Muro e per i sobborghi della zona araba (Est) di Gerusalemme, in particolare di quelli tra Gerusalemme e Betlemme. Ne abbiamo parlato con Younes Arar, attivista impegnato in queste ore a Sur Baher e uno dei responsabili di “Frontline Defenders”, comitato per la difesa dalla colonizzazione e dalla demolizione delle case.

Lei parla di una Nakba palestinese a Gerusalemme

Non esagero. Le demolizioni da parte di Israele di abitazioni palestinesi sono una costante a Gerusalemme Est. Quasi ogni giorno apprendiamo che una famiglia palestinese è rimasta senza casa. I bulldozer israeliani sono sempre in azione. Ma si tratta di demolizioni di una o due case, goccia dopo goccia. Così massicce, ampie, invece non si erano ancora viste a Gerusalemme, almeno negli ultimi decenni. La vastità delle distruzioni, l’espulsione e il trasferimento in un solo colpo di tanti civili perciò mi porta a parlare di Nakba, di una nuova catastrofe. E temo che avrà sviluppi ancora più gravi in futuro.

Quali saranno questi sviluppi?

Dobbiamo tenere conto che le demolizioni in atto intorno al Muro dell’apartheid non avvengono solo sul versante di Gerusalemme sotto occupazione israeliana. Le ruspe stanno operando anche sull’altro versante, in Area A della Cisgiordania, che ricade sotto l’autorità dell’Anp (del presidente Abu Mazen). Diversi degli appartamenti distrutti avevano ricevuto permessi edilizi dell’Anp e questo è stato normale e legale per anni. Ora quei permessi non valgono più, è tutto illegale. Quindi è un attacco frontale agli Accordi di Oslo (tra Israele e Olp, del 1993) che evidentemente il governo israeliano non ritiene di dover più rispettare. Più di tutto temo che, tenendo conto del colpevole silenzio della comunità internazionale, Israele con il pretesto della sicurezza e della protezione del suo Muro stia cercando di legittimare un piano di demolizioni che riguarderà centinaia di case palestinesi vicine al Muro, in particolare nell’area C della Cisgiordania che ricade sotto la sua autorità. Gerusalemme Est sarà ulteriormente separata dal resto della Cisgiordania, attraverso la costruzione di nuove colonie e la creazione di un’ampia zona-cuscinetto sul versante cisgiordano del Muro.

Lei sottolinea il silenzio del resto del mondo

Per me è l’aspetto più inquietante di questa vicenda. Certo, l’Onu ha preso posizione ma in generale le reazioni della comunità internazionale sono state modeste. L’Unione europea non è andata oltre la diffusione di un comunicato in cui critica le demolizioni a Sur Baher. Ci vuole ben altro. Stiamo parlando di rispetto delle leggi internazionali, di difesa di diritti politici ed umani. All’estero dovrebbero porsi questo interrogativo: perché il diritto alla casa è tutelato in Israele mentre è incerto per i palestinesi sotto occupazione militare. Noi non chiediamo più diritti degli altri, vogliamo solo il rispetto dei nostri diritti.

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