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Quell’atroce caso dell’Hiv di Groningen

Quell’atroce caso  dell’Hiv di Groningen

Mix Milano Fino al 19 settembre con il focus «Trans Lives Matter» su una realtà transfobica

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 11 settembre 2021

«Love Matters»: con questo slogan che allude a uno dei movimenti di punta della nostra contemporaneità, dal 16 al 19 settembre torna a Milano il «MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer», ormai alla sua trentacinquesima edizione, con incontri a proiezioni presso il Piccolo Teatro di Milano, Palazzo Reale e online sulla piattaforma Nexo+. Nel programma (mixfestival.eu) si segnala il focus «Trans Lives Matter» con diversi film provenienti dal Brasile, paese che continua a registrare il maggior numero di assassini transfobici nel mondo: tra questi Madalena di Madiano Marcheti, storia di un delitto sospeso tra scenari rurali e notturni urbani, e il corto Swinguerra del duo Barbara Wagner e Benjamin de Burca, tripudio di corpi minoritari che trovano nella danza il linguaggio con cui affermare la propria esistenza e resistenza. Valentina di Cássio Pereira dos Santos, racconto di formazione transgender, verrà proiettato durante la serata inaugurale alla quale interverranno anche Alessandro Zan e la senatrice Liliana Segre che riceve dal festival un riconoscimento per l’impegno civile nel contrasto alle discriminazioni.

Tra gli ospiti internazionali, il fotografo e regista Tim Leyendekker che, dopo l’anteprima a Rotterdam, presenta il suo lungometraggio Feast. Il film parte da un fatto di cronaca, il cosiddetto «caso dell’HIV di Groningen», e lo passa al setaccio di una riflessione sulla ricerca di verità. Nel 2006, tre uomini hanno narcotizzato e iniettato sangue infetto nei corpi di alcuni partecipanti a feste sessuali. Il film si apre con una serie di impressioni fugaci: epidermidi in close up che si toccano come in un amplesso, un dito puntato, una carrellata in avanti in un parco di notte fino a raggiungere una panchina vuota. Poi un’agente dispone su un tavolo una serie di oggetti come in una vetrina o in un’assurda e macabra natura morta: bicchieri e calici da vino, cd di Nina Simone e dei Prodigy, dvd porno, patatine, un dildo, poi un altro, preservativi intatti, siringhe e una lettera: «Peter, ci sarò sempre, non puoi cancellarmi. Hans»; e un’altra: «ho deliberatamente infettato il mio master e altri uomini. I bastardi hanno avuto quel che desideravano. Yeah». Gli oggetti ritrovati sulla scena del crimine di Groningen sono i punti sparsi da unire uno dopo l’altro per comporre una narrazione destabilizzante.

Leyendekker forza i confini delle emozioni e transita attraverso forme espressive sempre cangianti tra videoinstallazione, casting e reenactment, deposizione giudiziaria e dialogo platonico. Mutazioni degli stati di coscienza, alterazioni percettive, smarrimento o accentuazione delle facoltà di giudizio: la droga obnubila o ci permette di esplorare terre incognite dell’esistenza? Quanto è ampia la «zona grigia» che confonde i territori dell’abuso e del consenso? Se il fenomeno del bugchasing (la ricerca deliberata del contagio da HIV) è spiazzante per quanto riconducibile a una forma di pericolosa autonomia da parte di chi sceglie di praticarlo, il film affronta un caso assai più inquietante che mette in luce zone decisamente in ombra del concetto di appartenenza a una comunità e di libertà: «mi piaceva organizzare quelle feste per sieropositivi anche se non tutti lo erano. Sentivo che a quel punto tutto era possibile. Molti hanno affermato di essere delle vittime ma non lo erano davvero». Leyendekker ha dichiarato: «Il Simposio di Platone è stata la mia fonte d’ispirazione principale. Il caso di Groningen era talmente inquietante e sorprendente che ho voluto opporre qualcosa di incredibilmente brutto e qualcosa di bello che affrontasse il concetto stesso di bellezza come fa Platone. In fondo non era il caso di cronaca in sé a interessarmi bensì le percezioni e le interpretazioni del bello e del vero».

A dimostrazione dello spirito ludico con cui il film gestisce toni e registri per riflettere sul male senza cedere alla morbosità, il regista olandese dedica una scena al più rappresentativo dei simboli nazionali, il tulipano, mostrandoci un dialogo con una biologa che fa ricerca di laboratorio sugli effetti del virus su certi tulipani che cambiano colore diventando molto attraenti per alcuni insetti. Non è un caso se bug in inglese significa sia virus sia insetto.

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