Cultura

Quella malinconica disaffezione alla lettura riscontrata tra le righe

Quella malinconica disaffezione alla lettura riscontrata tra le righeLettura foto Ikon Images/Ap

REPORT Presentato ieri dall’Associazione Italiana Editori il «Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2024». Con un giro d’affari di 3,439 miliardi di euro, il nostro settore del libro si posiziona come quarto in Europa e sesto nel mondo. Eppure il mercato stagna, anzi è in calo

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 10 ottobre 2024

Quasi non passa giorno che sui media internazionali non escano allarmi angosciatissimi: l’interesse per la lettura sprofonda, soprattutto tra i giovani (il più recente, per quanto sappiamo, risale all’altro ieri – un articolo del britannico The Times il cui titolo, tradotto in italiano, suona così: «Aiuto! I miei figli non vogliono leggere»). È in questo contesto che troviamo le chiavi per leggere tra le righe del Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2024, presentato ieri dall’Associazione Italiana Editori, quasi alla vigilia dell’apertura della Buchmesse, che si terrà dal 16 al 20 ottobre e dove l’Italia sarà ospite d’onore.

Proprio l’imminente vetrina nel più importante appuntamento globale per gli operatori del libro giustifica lo sforzo che gli autori del rapporto mostrano nel mettere in luce il ruolo dell’editoria italiana, presentata enfaticamente come «prima industria culturale del paese». Con un giro d’affari di 3,439 miliardi di euro, il nostro settore editoriale si posiziona infatti, stando alle cifre dell’Aie, come il quarto in Europa dietro a Germania, Regno Unito e Francia, e il sesto nel mondo. E ancora una volta, come già in edizioni precedenti, il rapporto sottolinea che il valore della spesa dei lettori è da noi «superiore a quello dei consumatori per le pay tv, a quello per la tv in chiaro (canone tv), videogiochi, musica e cinema».

OLTRE L’IMMAGINE di copertina, però, il rapporto non nasconde che la situazione difficilmente si presta all’ottimismo. Prendendo in esame i primi sei mesi di quest’anno e circoscrivendo i dati al solo mercato trade (un’etichetta che comprende i titoli reperibili nelle librerie fisiche e online, e nella grande distribuzione – al netto dei testi scolastici e professionali), è chiaro che il mercato stagna, anzi è in calo: se il valore delle vendite è pari a 675,8 milioni di euro, cioè diminuisce solo dello 0,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, le copie vendute sono state da gennaio a giugno 46,1 milioni, quasi un milione di meno in confronto ai primi sei mesi del 2023, con un calo di poco inferiore al 2% – uno scarto tra i due valori percentuali che si spiega con l’aumento, sia pure contenuto, del prezzo di copertina dei libri.

«L’editoria italiana, dopo il balzo avvenuto nel 2021, fatica a crescere e anzi, se consideriamo l’inflazione, perde terreno», ha ammesso il presidente dell’Aie, Innocenzo Cipolletta, durante la presentazione del rapporto. Ma il calo, secondo gli editori italiani, non è dovuto solo alla crescente disaffezione per la lettura che sembra ormai un dato comune a tutto il pianeta. O meglio, il problema è quello, ma l’Italia – ha detto ancora Cipolletta – è un paese che non ha una vera politica organica per il libro e per la lettura e che anzi, negli ultimi due anni, ha visto venir meno risorse pubbliche a sostegno del settore per almeno 100 milioni».

ALLUSIONE EVIDENTE al mancato supporto per gli acquisti delle biblioteche e soprattutto alla Carta della cultura e del merito, con cui il governo Meloni ha sostituito, fortemente depotenziandola, la App18, grazie alla quale i neodiciottenni ricevevano 500 euro per l’acquisto di libri e altri prodotti culturali – una misura che era stata molto apprezzata in Italia e copiata all’estero, e che con tutta evidenza l’Aie vorrebbe vedere ripristinata.
«Nell’anno in cui siamo paese ospite a Francoforte, dovremmo tornare a essere un esempio per gli altri paesi europei», ha detto ancora Cipolletta. Ma se dobbiamo guardare alle recentissime dichiarazioni del ministro Giorgetti, un rilancio della App18 sembra quantomeno improbabile.

Per fortuna, a controbilanciare le malinconiche cifre sulle vendite italiane, il rapporto Aie contiene dati che nella vetrina della Buchmesse potranno essere utili a chi vorrà dimostrare, nonostante tutto, la buona salute della produzione editoriale italiana: l’export di libri italiani all’estero ammonta a circa 51 milioni, segnando un aumento del 2% rispetto all’anno scorso, ma è sul lungo periodo e in un quadro più ampio che si registrano indubbi successi, basti pensare che i diritti di traduzione di libri italiani venduti all’estero sono quadruplicati in poco più di vent’anni: erano 1800 nel 2001 e sono stati 7838 nel 2023.

IN QUESTO SUCCESSO ha avuto una parte centrale la produzione per bambini e ragazzi: lo ha giustamente evidenziato l’altro giorno alla Farnesina, durante il lancio della Settimana della lingua italiana nel mondo, Elena Pasoli, presidente della Bologna Children’s Book Fair, la maggiore fiera mondiale di libri per l’infanzia, segnalando quanto abbiano contato le azioni di sostegno alla circolazione dei titoli e alla loro traduzione.
Molto però ancora si potrebbe e dovrebbe fare, anche fuori da questo segmento: sempre nel corso dello stesso incontro Silvia Tatti, presidente dell’Associazione degli italianisti, ha elencato una serie di proposte per dare vita a una rete permanente per la diffusione della lingua e della cultura italiana, «obiettivo ambizioso ma urgente – ha detto Tatti – per affrontare con consapevolezza i cambiamenti e le opportunità che abbiamo di fronte». Potrebbe essere un buon argomento di dibattito a Francoforte, lo sarà?

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