È una storia familiare fuori dalla norma e perciò eccezionale quella raccontata da Ram Pace in Educazione indiana (Giunti, pp. 522, euro 18). Classe 1978, romano di nascita e film-maker di professione, Ramchandra – questo il nome completo dell’autore, letteralmente «figlio della luna» – ripercorre i suoi primi vent’anni in un memoir ad alta intensità emotiva e turbolenza psicologica. A soli tre anni conosce il primo distacco, trasferendosi a Londra con la madre, terapista di punta nelle comunità anti-psichiatriche di Ronald Laing prima e di Osho dopo; a cinque già lo ritroviamo nella casa dei nonni paterni, per poi spostarsi in un casale semi auto-costruito nell’estrema periferia nord di Roma, tra Casal Lombroso e Massimina, oggi meglio noto come Kalimandir, tempio dedicato ai devoti della religione hindu e non solo. Alessandro Pace, suo padre, negli anni Settanta aveva infatti imboccato la via mistica dell’India quale fuga dalla società occidentale, spogliandosi degli abiti di commercialista per indossare la tunica arancione dei santoni induisti.

A BILANCIARE una genitorialità disfunzionale, nell’infanzia di Ram Pace intervengono altri sostegni affettivi: l’amore incondizionato di nonna Cenzina e le visite di nonna Jac, la complicità con Daniela, la nuova compagna del padre e l’emozione per la nascita della sorellina Sati; ma soprattutto la cura tenera e premurosa di Zizì, la piccola tata sarda ospite della «casa incantata» che si occuperà di Ram anche durante il lungo viaggio in India, ripercorso nelle pagine di Educazione indiana ancora con gli occhi candidi e incantati del bambino di allora. La situazione si rovescia con l’adolescenza, quando nuovi riferimenti culturali entrano nella crescita di Pace, tali da trasfigurare l’immagine del padre Baba da eroe invincibile a personaggio narcisista e invadente. Il punto di rottura avviene durante i primi anni di liceo – tra l’altro, mai terminato – e, soprattutto, con la frequentazione del centro sociale occupato Break out a Primavalle.

Qui l’autore si appassiona al materialismo storico di Karl Marx, alle poesie di Majakovskij, alla musica dei Sonic Youth e dei CCCP, al cinema di Pier Paolo Pasolini e di Francois Truffaut; entra in contatto con i breaker, che per affinità elettive diventeranno gli amici di una vita, con i quali sperimenterà l’attivismo politico e una quotidianità fatta di squat, di rave illegali, di musica techno, di droghe leggere e sintetiche, di vita vissuta uno a fianco dell’altro ventiquattr’ore al giorno per sette giorni su sette. Al Break out, non a caso, incontrerà Stefania, sua futura moglie e madre dei suoi due figli, e l’amico Raoul, che lo introdurrà nel percorso professionale di cameraman nelle troupe televisive.

SARANNO, INFINE, Tino, Banana e Dino ad accompagnarlo in India alle soglie del Nuovo Millennio alla ricerca del padre, che lo aveva nuovamente lasciato al suo destino all’età di sedici anni senza dare più notizie di sé; lo ritroverà in uno slum di Nuova Delhi e solo dopo essersi affrancato da quel legame ingombrante potrà avere inizio la sua rinascita di uomo.
Abbandono e ritrovamento, misticismo e materialismo, attrazione e repulsione, perdita e attaccamento, conflitto e risoluzione: aspetti apparentemente inconciliabili trovano tra loro una coerenza e un’armonia. Il positivo ordina il negativo in nome della complementarietà e non dell’esclusione, facendo di Educazione indiana un’alchimia esistenziale in cui l’amore riesce infine a prevalere sul rischio del risentimento e del rancore.

* Il libro sarà presentato lunedì 19 al Caffè Letterario di Roma (ore 18, Via Ostiense 95), assieme a Antonio Franchini e Carmen Vogani e con letture di Valerio Mastandrea.