Migliaia di persone ogni giorno si muovono da province e paesi per andare a lavorare o studiare verso le grandi città. Ne sono piene le pensiline degli autobus e le banchine dei treni regionali, servizi pubblici che spesso, con ritardi, soppressioni di corse e disagi, non riescono a rappresentare un’alternativa adeguata alle automobili, ben più dispendiose e inquinanti. Linee ferroviarie vecchie, con continui guasti e pochi treni datati sono normalità in molte regioni.

È il caso della linea ferroviaria Roma-Civita Castellana-Viterbo, ferrovia Roma Nord, che collega la provincia laziale e i comuni a nord della capitale con Roma. In servizio dal 1932, a partire dagli anni ’80 le carrozze hanno cominciato a riempirsi e il servizio a subire tagli: «9 mila soppressioni di treni nel 2022, 5 mila l’anno precedente e, per il 2023, siamo già a oltre 700», spiega Fabrizio Bonanni, presidente del Comitato Pendolari Roma Nord, attivo dal 2011, «il materiale rotabile é soggetto a continue rotture, il numero dei macchinisti non riesce a coprire tutte le corse. I pendolari sono totalmente abbandonati».

LA ROMA NORD È STATA CLASSIFICATA dal rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente come seconda ferrovia peggiore della penisola, dietro alla Ex Circumvesuviana e seguita dalla Roma-Ostia Lido. Il 10 marzo scorso, a causa di un guasto tecnico in galleria la linea è stata sospesa dalle 15 alle 19:30. La stazione a piazzale Flaminio chiusa, nessuna comunicazione ai viaggiatori, e gli autobus sostitutivi sono arrivati solo dopo le 17. Bus e tram sono stati presi d’assalto e molti utenti sono stati costretti a prendere un taxi. «Sono arrivato e ho trovato i cancelli chiusi», racconta un ragazzo ,«avevo appena finito di lavorare, per arrivare a Montebello ho dovuto chiamare il datore di lavoro, che mi ha accompagnato con il motorino». Il 16 febbraio invece, un treno si è fermato in galleria, con i passeggeri chiusi dentro i convogli per oltre mezzora. Diverse persone hanno accusato malori e alla fine i passeggeri sono stati costretti a scendere e percorrere i binari a piedi in galleria, illuminati dai cellulari. A camminare barcollanti sulle traversine anche diversi anziani. L’11 gennaio, delle 15 corse della mattina ben 6 sono state soppresse, con i bus e i treni successivi sovraffollati e gente rimasta in banchina.

In mezzo una lunga serie di ritardi e cancellazioni. «È un continuo di soppressioni», si lamentava una signora alla stazione di piazzale Flaminio, il 20 marzo scorso, all’annuncio di nuovi treni soppressi, «sempre in ritardo, sempre treni cancellati, poi navette che una volta ci sono e due no. Non ce la facciamo più».

«La devono chiudere!» si legge nei vari gruppi social dei pendolari, e «mi organizzo diversamente»; «non lo prenderò mai più, preferisco spendere i soldi della benzina» e via di questo tenore. «Alcuni mesi fa sono arrivato a casa a Riano dopo quasi 4 ore», racconta un ragazzo che quotidianamente utilizza la linea per andare a lavorare, «il treno è stato soppresso, hanno messo una navetta che ovviamente era stracolma e si è rotta prima della stazione di Montebello. Dopo molto tempo sono riusciti a farla ripartire e ci hanno portato in stazione, dove c’era un’altra navetta che però era piena. Mi sono dovuti venire a prendere da casa. Finora ho quantificato perdite per oltre 400 euro per appuntamenti saltati a causa dei disservizi della linea».

QUALCUNO HA FINITO PER INGROSSARE Le lunghe file sulla strada provinciale Flaminia, che costeggia la ferrovia, utilizzando l’automobile. «Ho fatto il pendolare da quando andavo alle scuole superiori negli anni ’70», spiega un ex viaggiatore della provincia di Roma che oggi ormai si muove in macchina, «il servizio funzionava bene. Poi è iniziata l’urbanizzazione selvaggia, paesi di 3 mila abitanti sono diventati complessi suburbani stracolmi di persone e il servizio ha iniziato a non bastare più. Sia i mezzi pubblici che la Flaminia non riescono a reggere il numero di persone che si muove ogni giorno per andare a Roma. Se almeno investissero sui comuni della provincia le persone non sarebbero costrette a spostarsi per lavorare, ma qui non si progetta niente, non si pianifica niente».

ARRIVARE DA VITERBO A ROMA è quasi impossibile con questa linea: la tratta è stata spezzettata negli anni in tre tronconi, da Viterbo a Catalano, da qui a Montebello e poi fino a piazzale Flaminio, con poche corse e coincidenze mancanti in lunghe fasce orarie. Alcuni tratti hanno il doppio binario, ma in caso di guasto spesso chiudono entrambi, come il 10 marzo, quando un convoglio ha tranciato le linee elettriche nei pressi della fermata Euclide e hanno chiuso tutto. «C’è necessità di adeguare il materiale rotabile, mettere nuovi treni e ricollocare il personale», conclude Fabrizio Bonanni, «il personale ci sarebbe ma non è ripartito in maniera ottimale. Servirebbe il raddoppio della linea per un lungo tratto».

LA LINEA È GESTITA DAL 2022 DALLA ASTRAL per quanto riguarda l’infrastruttura e dalla società Cotral per il trasporto, treni e navette. In una nota congiunta le due aziende commentano: «Cotral Spa ha ereditato, meno di un anno fa, un parco rotabile vetusto e con carenze manutentive. In attesa dell’arrivo dei nuovi treni (2024) ha avviato l’iter per il noleggio di due treni da un’impresa partner e ha potenziato le manutenzioni dei convogli anche con il ricorso ad appalti esterni. Cotral Spa ha bandito una gara europea per affidare il servizio sostitutivo».