Quel pomeriggio di un giorno da cani
Animali In Italia si stimano almeno 85 mila cani abbandonati, una piaga in aumento. Randagi incontrollati: 385 mila. Denuncia Lav e Enpa. Un dossier di Legambiente
Animali In Italia si stimano almeno 85 mila cani abbandonati, una piaga in aumento. Randagi incontrollati: 385 mila. Denuncia Lav e Enpa. Un dossier di Legambiente
Sfondo giallo è il nuovo spot contro l’abbandono degli animali d’affezione, liberamente scaricabile e diffuso dall’Ente nazionale protezione animali (Enpa) per la campagna «Basta scuse» alla fine di luglio, periodo di punta del fenomeno, insieme all’apertura della caccia. In un’Italia che presenta situazioni diversissime.
PER L’ENPA, SONO STATI 384 al giorno nel 2023 gli animali (cani, gatti e altri) abbandonati e recuperati da associazioni ed enti pubblici. «Una vergogna che si ripete anno dopo anno e che ormai non è più solo un fenomeno estivo. È un reato! Non c’è mai una vera buona ragione», sottolinea Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Ente. Oltre al classico abbandono, «i nostri volontari stanno ricevendo centinaia di richieste di cessioni: improvvise allergie agli animali, impossibilità sopravvenute, casualmente in prossimità delle vacanze».
FOCUS SUI CANI. Secondo Legambiente, nel 2023 sale a 85 mila, stando ai dati forniti dalle amministrazioni comunali, il numero di abbandoni (+ 8,6% rispetto al 2022). Preoccupante anche il numero stimato di cani randagi (quelli senza proprietari che li rivendicano) nella penisola: 358 mila (anche di più, per l’associazione Lav); 244 mila si concentrano in 5 regioni, Lazio, Sicilia, Campania, Puglia e Calabria. Cosa accade ai cani vaganti, padronali o randagi trovati e presi in carico? A volte ritrovano il proprietario, ma spesso gli uni e gli altri rimangono a languire nei canili rifugio a spese di tutti, talvolta riescono a essere adottati, o vengono reimmessi come cani liberi controllati. Poche amministrazioni prevedono agevolazioni e sostegni per chi adotta dai canili.
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«Adozioni consapevoli, sterilizzazioni e servizi per svuotare canili e rifugi»IL XIII RAPPORTO annuale «Animali in città» redatto da Legambiente (con il patrocinio di Anci, Conferenza delle regioni e delle province autonome e altre organizzazioni) valuta le performance delle amministrazioni comunali e aziende sanitarie in materia di animali d’affezione (più una sezione dedicata al tema della fauna selvatica nei centri abitati). Hanno risposto al questionario diffuso dall’organizzazione ambientalista 771 comuni (dove vive il 25% della popolazione italiana) e 46 aziende sanitarie (47,7% dei cittadini). Quattro le macro-aree valutate, con decine di indicatori: quadro delle regole (agevolazioni e sostegni a chi adotta cani e/o gatti presenti nelle strutture comunali, prevenzione e contrasto del randagismo canino e felino); risultati e risorse; organizzazione e servizi (anagrafe canina, sterilizzazioni, gestione canili e gattili); controlli. Risultati della valutazione: fra i comuni, solo il 34,5% registra performance sufficienti (o buone od ottime) contro l’80,4% delle aziende sanitarie.
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Nel mondo «200 milioni» di stray dogs. Il caso indianoIL PREMIO ANIMALI IN CITTÀ 2024 (della serie: imitiamo i migliori) è andato ai comuni di Modena, Zocca (Mo) e Verona, i primi tre. Tra le metropoli si distingue Milano. Premiata, oltre ad alcune aziende sanitarie, varie associazioni e volontari, la regione Piemonte per il progetto «Ambulatorio veterinario sociale» a sostegno alle fasce più deboli della società. Top five per Emilia Romagna, Valle d’Aosta, Provincia di Bolzano, Marche, Friuli Venezia Giulia e Toscana.
SI STIMA IN 248 MILIONI DI EURO nel 2023 (+7,4% rispetto al 2022) la spesa pubblica italiana del settore, pesantemente condizionata, lamenta Legambiente, dai costi per i canili rifugio (ed ecco un indicatore di scarso impegno in politiche di prevenzione), che assorbono il 64,1% (+ 6,8% rispetto al 2022) della cifra totale. La quale, oltretutto, equivale a circa 3,6 volte la somma impegnata per la gestione di tutti i 24 parchi nazionali e addirittura a oltre 24 volte quella per la gestione di tutte le 29 aree marine protette.
L’ANAGRAFE CANINA, a oggi unica anagrafe animale obbligatoria per gli animali in città, e strumento di conoscenza della realtà necessario ai controlli, alle sanzioni, alla pianificazione dei servizi, è un tallone d’Achille, secondo Animali in città. Solo il 41% dei comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente dichiara di conoscere il numero complessivo degli animali iscritti presenti nel proprio territorio; in tutto 1.812.008 cani. L’anagrafe è di competenza delle aziende sanitarie (ma in Emilia e Friuli spetta ai comuni). Pochi anche i lettori di microchip in dotazione presso i comuni; le Asl li hanno. Mancano comunque all’appello due milioni di cani. E del resto, insieme alla creazione di nuove strutture veterinarie pubbliche, è fondamentale applicare all’anagrafe per tutti gli animali d’affezione, rendendo operativo il Sistema informativo nazionale degli animali da compagnia (Sinac) come stabilito da un decreto governativo del 2023.
CRUCIALE LA STERILIZZAZIONE a tappeto – di maschi e femmine, trascurata per troppo tempo. «Le popolazioni di cani e gatti sono state lasciate crescere in Italia in assenza di politiche che facilitassero una pianificazione e programmazione socialmente condivise», denuncia il rapporto. Solo la metà delle aziende sanitarie dichiara di aver effettuato nel 2023 azioni di prevenzione, con la sterilizzazione di 5 mila cani (il 15,8% rispetto ai cani dichiarati entrati nei canili sanitari) e 25 mila gatti (circa il 5,7% di quelli presenti nelle colonie feline): numeri del tutto insufficienti a una politica di controllo demografico. Pochi comuni prevedono agevolazioni fiscali o sostegni economici per la sterilizzazione e riescono a contrastare chi detiene riproduttori e cucciolate. Oltre il 43% dei gatti presenti nelle colonie feline (quasi mezzo milione) o nei gattili è dichiarato non sterilizzato.
MA ECCO IL BUSINESS DI PRIVATI, magari sulla base di aste pubbliche al ribasso. Denuncia la Lav: «C’è chi ha fatto della detenzione a vita dei randagi un affare. Strutture private dove gli animali devono rimanere il più a lungo possibile per permettere ai gestori di percepire un contributo che va da 2 a 7 euro al giorno per ogni cane. Talvolta canili lager, animali ammassati in gabbie dove l’altissima natalità sopperisce all’elevata mortalità. La costruzione di canili sanitari da parte delle amministrazioni è carente, la prevenzione delle nascite scarsa, così come le campagne di adozione».
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