Quel nuovo vecchio feeling fra Renzi e i forzisti sbandati
Democrack/Primarie Pd Al senato movimenti verso i Comitati civici. L’incontro con Paolo Romani. Il caso Sicilia
Democrack/Primarie Pd Al senato movimenti verso i Comitati civici. L’incontro con Paolo Romani. Il caso Sicilia
Il colloquio fra Renzi e l’ex capogruppo forzista Paolo Romani, giovedì a Palazzo Madama, non era un segreto. Segreti, o almeno molto riservati, sono invece altri movimenti, riferiti ma rigorosamente off the record. Contatti fra Renzi e alcuni senatori azzurri. Le versioni sono due. Opposte. Dalle file berlusconiane c’è riferisce di essere stato «sondato» a proposito del tasso di interesse verso i Comitati civici di Renzi. Dalle file Pd si smentisce e si spiega che semmai è il contrario: alcuni forzisti di area «liberal» critici sull’evoluzione di un centrodestra a trazione salviniana si stanno guardando intorno.
E INTORNO CI SONO APPUNTO i comitati civici. Il nome ricorda la campagna per le elezioni del 1948, la vittoriosa Dc contro lo sconfitto Fronte popolare, quando papa Pio XII incaricò Luigi Gedda della battaglia anticomunista come una battaglia per la civiltà. Incredibile che l’ex leader Pd abbia scelto un nome così antiprogressista per il suo movimento, appena attenuato dal sottotitolo pop «Ritorno al Futuro».
IN QUESTI GIORNI il lavoro per i comitati vede un’improvvisa accelerazione. Secondo alcuni dem, quelli che hanno dichiarato l’intenzione di uscire dal Pd al seminario di Salsomaggiore, l’obiettivo è essere pronti già per le europee.
È UN LAVORÌO che non rafforza il candidato segretario Minniti, e che i «partitisti» come Lorenzo Guerini negano. Ma che è esplicito nelle dichiarazioni dei luogotenenti renziani, e non da oggi. Da mesi Sandro Gozi, l’ufficiale di collegamento fra Renzi, Macron e gli spagnoli di Ciudadanos, predica: «Dobbiamo rivolgerci a quei moderati che si troveranno sempre più spaesati in un Ppe trasformato in Partito Pigliatutto Europeo, egemonizzato dalle destre estreme, sempre più orbanizzato». E Ivan Scalfarotto parla del «nuovo contenitore» come «di uno strumento di mobilitazione per quei cittadini di qualsiasi colore politico che intendono difendere le regole del gioco che il governo gialloverde mette in discussione, da Fi a Leu». Fin qui le intenzioni: chiamare a raccolta contro «populisti e nazionalisti», senza problemi di «colore politico».
POI CI SONO I FATTI. I fatti non sono certo le paradossali «scuse a Berlusconi» chieste da Renzi con frase infelice «rispetto alle norme ad personam di Salvini, Berlusconi era un pischello». I fatti sono, per esempio, quelli della Sicilia. Dove Davide Faraone, senatore e candidato alla segreteria regionale dell’area Renzi (e di Minniti e di Martina), ha imbarcato fra i suoi elettori quelli di Sicilia Futura, lista che in regione ha più volte appoggiato i provvedimenti del presidente ex missino Musumeci. La candidata zingarettiana Teresa Piccione ha alzato un putiferio. Ma Faraone bello bello ha spiegato che lui non vuole allearsi con la destra eppure ha una sua idea di «aprire partito», non a sinistra si intende. Faraone vede il Pd siciliano come «un laboratorio» che anticipa le tendenze nazionali, e per questo ha invitato Gianfranco Micciché sul palco della Leopolda palermitana, per uno show antiSalvini. Anche se il tema, per Faraone «non sono l’apparato e i deputati di Forza Italia e del Pd, il tema è rivolgersi ai cittadini». Ed è la stessa cosa che spiegano alcuni renziani in parlamento: «Non ci rivolgiamo alla vecchia classe dirigente, ci rivolgiamo ai cittadini».
A CASA ZINGARETTI è allarme rosso. «Vogliono davvero rifare il partito della nazione?», si chiede l’emergente Stefania Gasparini, assessora di Carpi e presidente Pd di Modena. «C’è stato un momento storico in cui il Pd ha dovuto accettare le larghe intese per il bene del paese, lasciato proprio da Berlusconi nelle condizioni che ricordiamo. Ma quell’alleanza non può essere l’orizzonte del Pd. Chi lo pensa, pensa a un altro partito. Scelta legittima, ma non è la mia e non è quella di Zingaretti, che invece fa una scelta netta nel campo progressista».
C’È CHI MINACCIA di uscire dal Pd in caso di vittoria di Zingaretti: un ricatto? «Ma no. Fra noi dem c’è chi crede che la differenza fra destra e sinistra vada rottamata, insieme al Pd. Noi no. Per noi il Pd vada rifondato, rigenerato, ma il tempo delle rottamazioni è finito».
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