«Questa storia mi ha accompagnato per più di un decennio. Ho parlato di lei in tante occasioni, in lezioni pubbliche, in articoli, in pezzi di libro. Avrei sempre voluto raccontarla diversamente, scriverne un romanzo. Ho adottato un’altra strada, quella del racconto, cosa ben diversa dal romanzo o dal libro di storia. Il racconto è empatia, contatto con quel tempo che è stato, cercare di definire l’indefinibile, sforzarsi di farlo in quanto siamo noi i padroni dell’interpretazione, della fantasia applicata alla filologia e al documento, non della verità. Quella, non appartiene allo storico». Così Amedeo Feniello conclude il suo Omicidio a Lombard Street (Laterza, pp. 174, euro 19), o meglio comincia il ‘Commiato’ nel quale fornisce al lettore alcuni essenziali riferimenti e svela quali sono state le sue fonti.

IN EFFETTI, la vicenda dell’omicidio del mercante genovese Giano Imperiale, avvenuta ai margini della celebre via londinese nel cuore della City, Feniello la frequentava da tempo, almeno da un altro libro dedicato alla nascita del sistema bancario moderno: Dalle lacrime di Sybille (2015). Il curioso episodio, sintomo delle tensioni economico-sociali del tempo, era peraltro stato citato da altri storici, a partire da Benjamin Kedar nel suo Merchants in Crisis del lontano 1976.
Il fatto si inserisce in un luogo e un contesto ben precisi: Lombard Street era la strada dei mercanti e dei finanzieri dell’Italia centro-settentrionale, genericamente detti ‘lombardi’. La loro penetrazione nella capitale era cominciata nel secolo aureo dell’espansione economica, il 200, e nel secolo successivo si era allargata, a fronte però di una situazione mutata: la crisi del 300, con la peste e lo scoppio della guerra dei 100 anni, aveva significato un importante reindirizzamento di molti settori della produzione e del commercio. Giano Imperiale non era un mercante qualsiasi; in quello straordinario intreccio fra interessi pubblici e privati che a Genova si era palesato prima che in altre realtà medievali, egli era sia influente rappresentante di un gruppo di facoltosi mercanti, sia pedina del Comune genovese stesso.

IL SUO PROGETTO era trasformare Southampton in un centro monopolistico per gli scambi fra Mediterraneo e Inghilterra. Tuttavia, i progetti di Genova si scontravano con l’accrescersi di sentimenti xenofobi nel ceto mercantile locale, che temeva di essere estromesso dal grande commercio e di veder trasformare la propria economia in una dominazione straniera. L’omicidio di Imperiale fu dunque il manifestarsi di quelle tensioni. Si trattava però di un malessere sociale più ampio. Negli anni ’50 in Francia, poi negli anni ’60 in Italia (con il tumulto dei Ciompi fiorentini, il più noto ma non l’unico) c’erano state rivolte, spesso molto sanguinose, tra campagne e città.

Due anni dopo l’omicidio del 1379, anche l’Inghilterra avrebbe conosciuto una sedizione guidata dal popolano Wat Tyler e dal predicatore ambulante John Ball, essenzialmente dettata dalla stanchezza per il pesante fiscalismo regio, inasprito dal continuo bisogno di denaro da parte della corona inglese, impegnata nella lunga guerra contro la Francia; e poiché accanto alle tasse che si dovevano pagare al re c’erano i gravami imposti dai signori fondiari, la situazione inglese era divenuta insostenibile.

SE TALE È IL CONTESTO, il pregio di Omicidio a Lombard Street sta nel restituirci l’ambiente, nel renderlo palpabile. Tutte le strade e i vicoli nominati nel libro esistono ancora, sebbene ripuliti e rimessi a nuovo, ma Feniello rende palpabili le sensazioni di una Londra sudicia e pericolosa, così come in fondo è rimasta fino alle rivoluzioni industriali e quasi fino ai nostri tempi. Non è un romanzo, scrive l’autore, ma si legge come un romanzo, grazie a una qualità della scrittura fondata certo su una bella ‘penna’, ma anche sulla profonda conoscenza di quanto si racconta. Ma.Mo.