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Quel maledetto binario non era automatizzato

Quel maledetto binario non era automatizzatoLe operazioni di soccorso dopo l'incidente tra Andria e Corato – Lapresse

L'incidente di Andria Accertate le vittime (23 morti e 24 feriti) i pm indagano sulle responsabilità. Il problema non sta tanto nella corsia unica, quanto piuttosto nel sistema dei controlli: affidati alle comunicazioni tra i capistazione. L’ammodernamento, già finanziato dalla Ue, non è mai stato attuato: Ferrotramviaria e la politica sotto la lente degli inquirenti

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 14 luglio 2016

È oramai il tramonto quando la linea ferroviaria tra Corato e Andria viene liberata degli ultimi detriti. Il bilancio finale del tragico scontro tra i due treni della Ferrotramviaria spa è di 23 morti e 24 feriti di cui 8 in prognosi riservata. Le vittime sono state tutte riconosciute. Le salme saranno consegnate ai parenti domani, mentre i funerali si svolgeranno nella giornata di sabato: non è ancora stato deciso se saranno di Stato o si svolgeranno attraverso il rito privato.

Sono servite dunque oltre 24 ore alle decine di soccorritori, vigili del fuoco e forze dell’ordine, per rimuovere i detriti, utilizzare una gru e due escavatori per separare i vagoni implosi gli uni negli altri, cercare nel raggio di oltre 200 metri resti umani attraverso l’aiuto dei cani molecolari. Sono state recuperate entrambe le scatole nere, sequestrati e acquisiti i registri delle stazioni di Andria e Corato, i filmati delle telecamere lungo la linea e le comunicazioni telefoniche, trascritte nei fonogramma, tra i capistazione dei due scali. Tutto materiale che servirà alla Procura di Trani per fare luce su quello che resterà uno degli incidenti più gravi del traffico su rotaia avvenuti in Italia.

Per fare luce sull’accaduto, la Procura ha deciso di formare un pool di cinque magistrati, compreso il pubblico ministero Francesco Giannella titolare dell’inchiesta: il fascicolo aperto martedì contro ignoti, parla di disastro ferroviario e omicidio colposo: al momento non ci sono indagati. Del resto, sin da subito è apparso chiaro che su una tratta a binario unico, è impossibile che due treni percorrano contemporaneamente lo stesso percorso. Dalle prime deduzioni degli inquirenti, qualcosa non ha funzionato nella stazione di scambio di Andria: al convoglio partito da lì, non bisognava dare l’autorizzazione a partire. Probabilmente, ma siamo ancora nel campo delle ipotesi, il fatto che il treno proveniente da Corato portasse qualche minuto di ritardo, potrebbe aver indotto all’errore chi gestisce il traffico nella stazione di Andria.

Ciò che è certo, è che i macchinisti, entrambi deceduti nell’impatto, non hanno avuto nemmeno il tempo di tentare una frenata disperata: procedevano entrambi a velocità massima, che in quel tratto impone un limite di 70 km orari (anche se si ipotizza procedessero a un’andatura leggermente superiore, tra gli 80 e i 90 km orari) ed erano in curva con gli ulivi secolari a fare da inconsapevoli testimoni oltre che da fatali ostacoli visivi.

L’indagine della procura di Trani, però, non si limiterà a individuare singole responsabilità e a chiarire cosa sia realmente accaduto. L’intenzione del pool inquirente è anche quella di verificare l’adeguatezza del sistema di controllo, e i tempi dei lavori del raddoppio della tratta e di ammodernamento del sistema di controllo del traffico. Perché il fulcro di tutta questa vicenda è proprio qui: nei sistemi di controllo. È infatti fuorviante la polemica sul fatto che la tratta fosse a binario unico: perché in Italia, in Europa e nel mondo, questo tipo di tratte sono in netta maggioranza. Il problema, però, è che sono ben più sicure. Del resto, è proprio il sistema del cosi detto “consenso telefonico”, una modalità di esercizio che viene oramai utilizzata soltanto sul 2% delle tratte nelle ferrovie, a essere finita nel mirino.

E non soltanto perché, appunto, è oramai un sistema datato. Ma perché, ad esempio, la Regione Puglia nel luglio del 2014 ha finanziato con 80 milioni di euro il controllo di marcia automatico per le tratte ferroviarie regionali. Risorse provenienti dai fondi europei Fesr, di cui 13 milioni finiti proprio nelle casse della società Ferrotramviaria: perché quei soldi non sono stati spesi per automatizzare la tratta in questione? La Regione per il momento tace.

Inoltre, come risaputo, il progetto del raddoppio della tratta esiste dal 2007 e doveva essere ultimato nel 2015. Lo ha finanziato l’Unione europea nell’aprile 2012 con 180 milioni di euro, sempre con fondi Fesr. Soltanto il 16 aprile scorso Ferrotramviaria ha pubblicato il bando di gara: termine per presentare le offerte 19 luglio, il 26 è prevista l’apertura delle buste. Perché ci sono voluti ben 8 anni solo per indire la gara? Secondo la società, la responsabilità è «nei processi autorizzativi che in Italia sono il 60-80% più lunghi di qualunque altra nazione europea, con gare che si appaltano e che restano ferme per qualche anno in attesa di valutazioni del Tar e del Consiglio di Stato».

Più di qualcuno dovrà rendere conto.

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