Lavoro

«Quei motori non si toccano», operai Wärtsilä in presidio

«Quei motori non si toccano», operai Wärtsilä in presidioMotore Wärtsilä – Fim Cisl

Bagnoli della Rosandra Una nave coreana attende l’ok dell’Autorità portuale di Trieste per imbarcare il carico già pronto destinato alla Daewoo. Sabato è prevista una grande manifestazione nazionale al fianco dei lavoratori

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 31 agosto 2022

Dodici motori grandi come case nascosti sotto i teli azzurri della Wärtsilä. Fermi lì in Porto, vicino alla banchina normalmente usata dal gruppo finlandese per il carico/scarico delle proprie merci. Il presidio a oltranza dei lavoratori dura dal 15 luglio dopo la notizia, inaspettata, che Wärtsilä intendeva sospendere la produzione nello stabilimento di Bagnoli della Rosandra e trasferire tutto in Finlandia: un fulmine a ciel sereno se si pensa alla salute di cui ha sempre goduto lo stabilimento triestino. Quasi 500 lavoratori in strada, per non parlare dell’indotto che facilmente raddoppia i posti di lavoro persi, con un disastro destinato a espandersi a macchia d’olio in un tessuto industriale già debolissimo se si pensa che l’industria rappresenta meno del 10% del Pil cittadino.

LE REAZIONI sono state immediate e durissime. Compatto il fronte sindacale che ha subito organizzato il presidio perché dalla fabbrica non possano uscire asset industriali o macchinari e anche i lavoratori del Porto hanno dichiarato di scendere in sciopero per non imbarcare i motori già pronti destinati alla coreana Daewoo. Unito anche il fronte della politica che sicuramente non potrebbe ignorare la gravità della situazione: tutti pronti a tutto, vogliosi di marciare in prima fila con i lavoratori, anche quelli che hanno sempre snobbato ogni iniziativa non fosse legata alla vocazione turistica di Trieste.

DOPO LA DIRIGENZA Wärtsilä che ha continuato a rifiutare ogni incontro ribadendo di non essere intenzionata a rivedere i propri passi, è entrata in campo la Daewoo ma l’incontro in Prefettura con i dirigenti del gruppo sud coreano non ha portato a risultati tanto che giovedì si è mosso anche il console coreano in Italia Kang Hyung-shik per chiedere il rispetto del diritto internazionale e dei rapporti commerciali. Il Prefetto Vardé non ha potuto che ribadire l’unanime solidarietà di tutte le istituzioni con la protesta dei lavoratori ma è probabile che, con questa iniziativa, il tavolo abbia assunto una nuova veste istituzional/diplomatica. La nave Uhl Fusion, venuta a prendere i fatidici dodici motori, si è fermata in rada chiedendo però di occuparsi in autonomia del carico. Più facile da dire che da fare perché la richiesta di imbarcare in autoproduzione deve avere motivazioni eccezionali, che non paiono esistere, ed è comunque sottoposta ad autorizzazione dell’Autorità portuale dopo innumerevoli controlli. Oltretutto, Uhl Fusion batte bandiera del Portogallo ed è quindi sottoposta al contratto nazionale portoghese che limita specificatamente l’autoproduzione e comunque la vieta nel caso di sciopero dei portuali dello scalo.

MENTRE IL PRESIDIO continua, si cercano soluzioni e cresce il fronte di chi chiede la nazionalizzazione dell’impianto di Bagnoli della Rosandra. Dopo tutto quella grande fabbrica è nata, per iniziativa pubblica, come “Grandi Motori Trieste”, per essere poi acquisita da Wärtsilä negli anni ‘90 quando si cominciava a spingere sul pedale “privato è bello” senza tenere conto che si trattava di una produzione strategica in un mercato particolare com’è quello navale. Non stupisce ci sia qualcuno che pensa all’opportunità di un ritorno al controllo pubblico di un polo industriale all’avanguardia, capace non solo di garantire produzioni strategiche e occupazione, ma anche di produrre ricerca e innovazione che possono a loro volta stimolare la nascita di altre iniziative imprenditoriali.

SABATO 3 È PREVISTA una grande manifestazione cittadina con la probabile presenza di leader nazionali sia sindacali che di partito, mentre il ministro Giorgetti ha convocato un tavolo al Mise per mercoledì 7. Sarà importante la risposta della città, sarà importante soprattutto se sarà una battaglia per salvare lo stabilimento industriale di Bagnoli della Rosandra ma anche per chiedere un futuro che svincoli Trieste dall’economia basata soltanto su servizi e turismo, con il fallimentare corollario di lavoro precario e malpagato che si porta dietro.

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