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Quei militanti della Volante rossa

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Libri resistenti Francesco Trento in «La guerra non era finita» racconta l’organizzazione di operai, giovani, ex partigiani nella Milano del primo dopoguerra

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 26 aprile 2014

C’è anche Giulio Paggio, quel 10 agosto 1944, in piazza Loreto a Milano quando i corpi di quindici persone, prelevati dal carcere di San Vittore, vengono esposti come monito dai tedeschi dopo averli fatti fucilare dalla legione Muti. La guerra è ancora di là da finire, ma il diciottenne partigiano, militante nella 118° Garibaldi, promette di fare giustizia a quelli e ai tanti altri compagni morti per mano dei fascisti. È da questa suggestione drammatica che parte il libro di Francesco Trento, La guerra non era finita. I partigiani della Volante Rossa (Laterza, pp. 199, euro 18) dedicato appunto alla ricostruzione di quel pugno di anni in cui a Milano agiva quell’organizzazione fatta di operai, giovani, ex partigiani che poi a lungo resterà nella mitografia collettiva fino almeno agli anni settanta.

Ed è davvero tutto un altro dopoguerra quello che emerge in questo serrato racconto di fatti, anche minuti, un dopoguerra vissuto con ansia, preoccupazione, sconcerto da molti tra quelli che hanno fatto la guerra partigiana e vivono a Milano o nella cintura. Un dopoguerra nel quale la primavera del ’45 è stata non una cesura ma un momento di speranza, di felicità, di libertà, presto però interrotto non solo dai grandissimi problemi della ricostruzione, ma anche dalla sensazione che la lotta debba riprendere al più presto. Dopo l’estate del ’45 il partito comunista di Togliatti che fa ancora parte del governo vuole arginare le vendette che imperversano un po’ dovunque. Le organizzazioni partigiane non sempre sono solerti nel riconsegnare le armi, si temono rigurgiti, sollevazioni, imboscate dei fascisti che solo apparentemente sono spariti dalla circolazione. Ad essere riconsegnati sono spesso solo i ferri vecchi, le armi più nuove ed efficienti finiscono nei depositi clandestini, pronte per l’uso. La decisa impronta legalitaria scelta da Togliatti non può tollerare la giustizia spontanea, la sua nomina a ministro della Giustizia accentua poi questa scelta politica.

A Milano c’è una grande scarsezza anche di generi alimentari razionati, trionfa la borsanera e l’inflazione galoppa, gli operai metalmeccanici delle fabbriche si preparano a fronteggiare i padroni contro licenziamenti e sospensioni temporanee. Anche i dirigenti locali del partito sono attestati su linee un po’ diverse da quelle togliattiane. «Se la federazione – scrive Trento – teme che in fabbrica qualche testa calda tenti di accelerare i tempi, è pur vero che la dirigenza del Pci milanese è quasi interamente schierata su posizioni più estremiste di quelle del Pci nazionale. Milano era stata una roccaforte bordighiana prima del fascismo, e qui il partito è formato soprattutto da «giovani leve ideologicamente e politicamente impreparate che tengono poco in conto i reali rapporti di forza e i condizionamenti interni e internazionali e sulle quali sembrano far presa parole d’ordine di un passato recente e altre ancora provenienti da un lontano passato ‘apparentemente rimosso’. Nella Federazione milanese, con Aberganti, Scotti, Vergani, Lamprati, Colombi e Vaia, la corrente operaista è predominante». È in questo contesto che nasce la Volante Rossa. In Grecia c’era stata nei mesi e nelle settimane precedenti il manifestarsi di forti tensioni tra le forze democratiche, socialiste e comuniste e liberali di stampo fortemente reazionario appoggiate dagli inglesi e, più tardi, dagli americani.
Alla formazione del primo nucleo della Volante Rossa prendono parte sotto la guida di Giulio Paggio, soprannominato il «tenente Alvaro», ex partigiani delle Brigate Garibaldi, molti sono ventenni, alcuni hanno anche quattordici o quindici anni, alcuni arrivano adesso alla lotta partigiana, ora che la guerra è finita, o almeno così sembrava. Ufficialmente quella che sarà chiamata la Volante Rossa partecipa a commemorazioni, sfilate, però presto iniziano gli «interventi» volti a riparare una giustizia che non funziona troppo bene durante questo dopoguerra, con i magistrati fascisti rimasti al loro posto che propendono naturalmente per le assoluzioni di repubblichini, reduci delle brigate nere, ecc.

Contemporaneamente si assiste già nell’inverno del ’45 al risorgere di movimenti politici più o meno dichiaratamente ispirati all’eredità del partito fascista. Ci sono i Raam (reparti antitotalitari antimarxisti monarchici), le Squadre d’azione Mussolini, il Movimento Sociale Italiano, il partito democratico fascista, il Movimento nazionale italiano. Formazioni più o meno grandi, alcune delle quali durarono solo lo spazio effimero di quegli anni bollenti, ma armate e disposte a tutto pur di ostacolare la strada alle forze democratiche. È interessante vedere come il racconto di Trento contrappunta i grandi fatti con notizie che spesso oggi vengono dimenticate. Come ad esempio gli attentati fascisti nel periodo antecedente al referendum su monarchia e repubblica, gli assalti alla Camera del lavoro, l’attentato ad Emilio Sereni. Se fino a tutto il ’45 le vendette incrociate hanno seguito un ordito non riconducibile a chiare finalità politiche, con l’avvicinarsi delle prime scadenze elettorali, tra cui il referendum, la Volante Rossa viene ad assumere un ruolo difensivo in questo magmatico panorama politico. All’esortazione che il protagonista de La guerre est finie di Alain Resnais faceva di lasciar perdere quel fantasma ormai perduto della Spagna rivoluzionaria non rispondono i partigiani della Volante Rossa, per loro ci sarà ancora da agire, prima di finirla davvero, dopo le elezioni del ’48, quella lunga guerra.

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