Quei due strani quarantenni sulle tracce della giovinezza
Cinema «Giovani si diventa», la nuova commedia di Noah Baumbach, racconta con ironia acida manie e narcisismo di una generazione nell'incontro tra due coppie, una di quarantenni, l'altra di vent'anni
Cinema «Giovani si diventa», la nuova commedia di Noah Baumbach, racconta con ironia acida manie e narcisismo di una generazione nell'incontro tra due coppie, una di quarantenni, l'altra di vent'anni
Sono due i film di Noah Baumbach in uscita quest’anno: la quasi solare, molto hawksiana, commedia Mistress America, presentata al Sundance Film Festival e non ancora arrivata in Italia, e Giovani si diventa. Il primo è un piccolo film autoprodotto da Baumbach e cosceneggiato insieme alla sua compagna e star Greta Gerwig, il secondo una produzione molto più grossa, firmata Scott Rudin, con un cast di seria A che include Ben Stiller, Naomi Watts, Adam Driver e Amanda Seyfried. Se Mistress sembra un proseguimento logico dei temi e dell’estetica di Frances Ha, Giovani si diventa rimanda più a Greenberg, interpretato non a caso da Ben Stiller, prodotto anche lui da Rudin e distribuito nel 2010 dalla mini major Focus Film.
È infatti un film a budget più alto, più patinato, formalmente più convenzionale, che intesse alcune delle ossessioni di Baumbach (autobiografia, crisi di identità generazionale, misantropia, metacinema…) in una storia ambientata sullo sfondo dell’attuale moda del documentario.
Il soggetto del film è infatti la (patetica) fascinazione di due coniugi quarantenni, Josh e Cornelia (Ben Stiller e Naomi Watts), per un’iperattiva, impossibilmente perfetta, coppia di millenials, Jamie e Darby (Adam Driver e Amanda Seyfried). In osservanza del corrente dibattito culturale, Baumbach ha fatto del personaggio di Stiller un documentarista da dieci anni idealisticamente al lavoro sullo stesso progetto, di Driver quello del giovane, spregiudicato, arrivista che gli ruba l’idea e la gloria; e ha affidato a Charles Grodin il ruolo di un mitico, ineffabile, pioniere della professione, una sorta di Al Maysles o D.A. Pennebaker, che alla fine – ricevendo un’onorificenza al Lincoln Center- fa un lungo discorso sul cinema e……la verità.
Ambientata in una New York che da Manhattan si protende verso Brooklyn, incarnazione della coolness suprema di Jamie e Derby, il film parte molto bene con Josh e Cornelia che guardano con compassione gli amici la cui vita è stata fagocitata dai figli. Dopo averci provato invano, loro due hanno infatti serenamente deciso di lasciare perdere. Lui sempre impegnato con il suo interminabile documentario, lei con un lavoro qualunque, progressivamente alienati dalle routine famigliari dei coetanei che li circondano, Josh e Cornelia vengono rapiti nell’orbita di una coppia molto più giovane di loro quando Jamie, un filmmaker anche lui, si presenta a Josh durante una lecture, professando grande ammirazione. Baumbach, che cha un magnifico orecchio per il linguaggio, un’ironia acida e un buon senso del ridicolo, tratteggia a pennellate veloci e molto divertenti, la clamorosa cotta dei quarantaequalcosa per i ventenni e la loro vita marziana in un pianeta dove si viaggia solo in bici, si producono gelati artigianali dai gusti ridicoli e al week end ci si trova con lo sciamano per farsi di Ayohuasca e vomitare, insieme alla radice rossastra, i propri problemi in dei sechielli di plastica.
Di fronte allo sguardo sbigottito dei loro amici, Josh e Cornelia cambiano stile, abitudini, modo di vestire. Invitato da Josh a collaborare sul suo grande, profondo, incompiuto, Jamie, esente com’è dai tormenti creativi del suo «maestro», a poco a poco se ne appropria. E, sotto lo sguardo divertito del mitico suocero regista, il sofferto documentario a sfondo filosofico/sociale muta velocemente in direzione di un lacrimoso reality, con colpi di scena e reenactment.
Se – ci dice Baumbach- l’insicurezza e il narcisissimo sono gli ingredienti principali della crisi di mezza età della middle class intellettuale newyorkese delle generazione di Josh e Cornelia, le «nuove leve» hanno un Dna tutto a base di ambizione spregiudicata e superificialità. Dipinto com’è su uno sfondo urbano, popolato di molti personaggi, Giovani si diventa (con Stiller che è un buon alter ego del regista) è una commedia di maniere e nevrosi che ricorda quelle di Woody Allen. Che però non avrebbe mai tradito il film con il paraculissimo colpo di scena finale che si vede qui. Un compromesso tutto dei nostri tempi.
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