Quegli spazi di «esclusione» globale
Scaffale «Trattenuti e trattamenti. Esistenze e spazi nella nemesi del diritto» di Matteo Buffa, edito da ombre corte
Scaffale «Trattenuti e trattamenti. Esistenze e spazi nella nemesi del diritto» di Matteo Buffa, edito da ombre corte
È la storia di un’emergenza permanente quella ricostruita e raccontata dall’interno da Matteo Buffa, nel libro Trattenuti e trattamenti. Esistenze e spazi nella nemesi del diritto (ombre corte, pp. 333, euro 25). Ed è anche il resoconto di un’erosione progressiva dello stato di diritto operata dalle stesse istituzioni che, invece, dovrebbero sostenerlo e rafforzarlo. Al tempo stesso, è un libro che entra nei luoghi, che mostra, anche attraverso le vicende e i resoconti di una serie di diretti protagonisti, che cosa accade nei centri per i rimpatri e in altri centri di trattenimento degli stranieri.
SONO TRE I TEMI fondamentali attorno ai quali è organizzato il testo (trattenuti, trattenimenti e spazi di vita): un libro davvero molto utile per chi vuole capire come si sono organizzate le politiche dell’immigrazione in Italia e in Europa e quali effetti queste hanno avuto, in particolare, su quella parte di popolazione che supera le frontiere senza permessi e visti, spesso per richiedere protezione internazionale, o che si ritrova a perdere la validità del permesso di soggiorno.
In dettaglio, la prima parte è quella che guarda ai trattenuti: due capitoli in cui si mostra come sia stata prodotta una specifica umanità, quella caratterizzata da una «visibile invisibilità», rinchiusa in «spazi di esclusione globale tra penale e non penale». Persone straniere costrette in una condizione di detenzione, in «luoghi privi di uno statuto giuridico di riferimento chiaro», «dove, tra l’altro, le persone diventano cose», secondo quanto scrive Mauro Palma, presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, nella prefazione al testo.
La seconda parte è quella che si concentra sui trattenimenti. Essa viene sviluppata in due capitoli, nei quali si ricostruiscono la storia normativa e politica dei vari centri di trattenimento implementati in Italia dalla fine degli anni ’90, con forte collegamento con le politiche europee di controllo delle immigrazioni, e i caratteri delle pratiche concrete di trattenimento, fatte di medicalizzazione, uso di farmaci a fini di controllo e disciplinamento. D’altronde, il funzionamento di questi centri di trattenimento non può che essere il contenimento di chi vi viene rinchiuso, pensato come una minaccia sin dall’inizio e, di conseguenza, per l’intera sua permanenza. D’altronde, non si tratta di carceri: il fine di questi luoghi, pertanto, non è quello, come formalmente previsto dalla Costituzione, di «tendere alla rieducazione del condannato». Nei centri per i rimpatri, e negli altri centri con funzioni di trattenimento, non sono costretti dei condannati, ma dei nemici.
LA TERZA PARTE RUOTA attorno alle esistenze di chi si trova forzato in questo meccanismo politico-amministrativo, intitolato «Esistenze e spazi nella nemesi del diritto». Anche questa si sviluppa su due capitoli, di cui è centrale quello che presenta una ricerca condotta in alcuni luoghi di trattenimento secondo il metodo dell’etnografia. E qui si trova conferma del fatto che alcune persone trattenute preferiscono il carcere al centro per il rimpatrio. Come spiega un ragazzo, nel centro per il rimpatrio non c’è niente da fare, le persone stanno sempre chiuse, anche i momenti di aria non sono ben codificati: c’è chi arriva all’autolesionismo. Si perde il senso del vivere.
La certificazione del fallimento è evidente. E con questo fallimento Buffa si confronta in modo approfondito, con gli strumenti della ricerca e dell’analisi critica del diritto, proponendo poche conclusioni e lasciando il più possibile libertà di interpretazione a chi legge. Sapendo che con le scelte politiche che sostengono quel fallimento bisognerà confrontarsi ancora per molto tempo in Italia così come nel resto dell’Unione europea.
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