Quegli snack pericolosi che ci tentano alle casse del supermercato
Potrebbero le raffinatissime tecniche di marketing applicate nella la Grande Distribuzione Organizzata essere utilizzate per generare comportamenti salutari nei clienti? Sembrerebbe un paradosso e molti risponderebbero d’istinto con un rotondo […]
Potrebbero le raffinatissime tecniche di marketing applicate nella la Grande Distribuzione Organizzata essere utilizzate per generare comportamenti salutari nei clienti? Sembrerebbe un paradosso e molti risponderebbero d’istinto con un rotondo […]
Potrebbero le raffinatissime tecniche di marketing applicate nella la Grande Distribuzione Organizzata essere utilizzate per generare comportamenti salutari nei clienti? Sembrerebbe un paradosso e molti risponderebbero d’istinto con un rotondo NO, sulla scorta dell’influenza non propriamente positiva che queste attività finanziario-commerciali svolgono su diversi piani: dalla salute all’economia, dall’urbanistica alla politica. In realtà ogni strumento può essere utilizzato per diversi fini: per il puro e spietato profitto privato oppure per il bene di tutti. Qualche anno fa è stata pubblicata sulla rivista Plos Medicine (December 18, 2018) una ricerca finanziata dal governo e effettuata da diverse università inglesi. Lo scopo del lavoro era di valutare se la rimozione di snack e dolci dalle casse dei supermercati avrebbe aiutato a ridurne le vendite e il consumo e quindi, indirettamente, a combattere l’obesità. Il tutto partendo dall’assunto che niente nei supermercati è lasciato al caso. Men che meno l’organizzazione dello spazio cassa. Che, va detto, non serve solo per pagare il dovuto, ma soprattutto per far aumentare l’importo della spesa di ogni cliente.
Ebbene, lo studio ha prima di tutto esaminato le variazioni degli acquisti «d’impulso», quelli che generalmente vengono consumati all’uscita dal negozio (o addirittura mentre si è ancora in coda alla cassa), rilevando che nei supermercati dove alle casse non c’erano questi prodotti si è registrata una diminuzione di acquisti di dolci, snack al cioccolato e patatine pari al 76%. Un secondo ramo dello studio esaminava il comportamento di chi questi prodotti li portava a casa per consumarli in un secondo tempo. Su un campione di 30.000 famiglie, quando i supermercati avevano tolto snack e dolci dalle casse lasciandoli solo sugli scaffali all’interno delle corsie si è rilevata una diminuzione immediata del 17% dell’acquisto dei questi prodotti. Una diminuzione che dopo dodici mesi era ancora stabilizzata al 15%. A questo punto potremmo farci delle domande. Ad esempio: sarebbe possibile invitare o costringere i supermercati a non esporre alimenti notoriamente dannosi per la salute in vicinanza delle casse per averne in cambio un miglioramento del benessere della popolazione? Ma anche: che cosa succederebbe se mettessimo vicino alle casse confezioni di fiocchi d’avena, di riso integrale, di albicocche secche e di mandorle? Sarebbe interessante scoprirlo.
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