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Quegli occhi azzurri così inafferrabili

Quegli occhi azzurri così inafferrabiliPeter O'Toole

Icone Addio a Peter O'Toole, Lawrence d'Arabia nel capolavoro di David Lean. Una carriera tra Oscar e scelte off, e una sola, grande passione: il teatro

Pubblicato quasi 11 anni fa

Il suo addio alla professione, «con gli occhi asciutti e pieni di gratitudine», lo aveva dato con un annuncio formale nel luglio del 2012, perché: «É il momento di buttare la spugna….E credo che uno debba decidere da solo quando è ora di andarsene». Peter O’Toole, morto a Londra domenica all’età di ottantun anni, non aveva rimpianti – «Non sono mica Edith Piaf!» aveva detto solo qualche mese fa, in una delle sue ultime e più divertenti interviste, al mensile GQ.

L’amico e collega di megabevute Richard Burton lo aveva definito «l’attore inglese più originale del dopo guerra», e attribuito al suo lavoro una qualità «strana, mistica e profondamente disturbante». Parlando del suo ruolo piu famoso, quello del sodato/avventuriero inglese T.E. Lawrence nel capolavoro di David Lean Lawrence of Arabia, il drammaturgo Noel Coward aveva commentato: «È così carino che quasi bisogna chiamarlo Lorenza d’Arabia». L’irreprensibile presentatore televisivo Johnny Carson lo giudicava l’ospite più difficile mai apparso nel suo programma.

Otto nomination agli Oscar in una carriera che, tra cinema e televisione, è fatta di circa novanta titoli. Il suo amore più grande però – disse in un’ intervista a Guy Talese- era il teatro. Leggendario un suo Amleto messo in scena a Londra nel 1958. Catastrofico, sui palcoscenici della stessa città, un recente Macbeth.

Ricchissima, discontinua, fatta di alti a bassi repentini e di scelte off, poco canoniche, la sua filmografia ha, a tratti, l’aura malinconica di un’occasione mancata. David Thomson aveva colto bene l’irriducibilità, l’inafferrabilità, l’irrequietezza struggente di O’Toole – dietro a quegli occhi di un azzurro impossibile, sopra gli zigomi perfetti e sotto i capelli biondo oro: «He doesn’t fit», non sta nella scatola, non è omologabile, scriveva di lui nel suo dizionario degli attori il critico inglese che, in tarda età, lo avrebbe definito «il Lord Brummel dei fantasmi».

Nato da un allibratore irlandese e da un’infermiera scozzese in un paesino dell’Irlanda occidentale, il 2 agosto 1932, e cresciuto nella cittadina inglese di Leeds, O’Toole amava dire che veniva «dalla classe criminale, non da quella operaia». Amava anche dire che alla recitazione era arrivato completamente per caso, quando da teen ager faceva il reporter per The Yorkshire Evening News. Dopo aver interprerato Bazarov in Padri e figli di Turgenev, la folgorazione gli sarebbe arrivata di fronte a un Re Lear interpretato da Michael Redgrave, a Stratford. Subito dopo è la borsa di studio che gli premise di entrare alla Royal Academy of Dramatic Arts (che frequentò’ insiema ad Alan Bates e Albert Finney) e da lì prima all’Old Vic di Bristol e poi alla Royal Shakespeare Company. Shakespeare sarà sempre l’autore al cui spirito la recitazione «teatralizzante», stilizzata di O’Toole, quella sua sensualità languida, quasi femminile, sembrano più affini.

Sarebbero stati il suo Petruccio e il suo Shylock a colpire David Lean, che da quasi un anno stava cercando di convincere Marlon Brando a interpretare Lawrence. Il produttore Sam Spiegel pensava che O’Toole fosse troppo alto e avesse un carattere troppo difficile, ma lui e Lean andarono molto d’accordo durante la lavorazione del film, e, per preparare la parte, l’attore imparò i rudimenti dell’ arabo, studiò la cultura beduina, visse in una tenda a cavalco’ un cammello. Da quella collaborazione, e dall’incontro tra gli azzurri e i gialli del deserto con quelli di O’Toole, contro i neri di Omar Sharif, nacque un kolossal magnifico. Dalla sua interpretazione febbrile e disarmante allo stesso tempo, O’Toole ottenne la prima nomination agli Oscar. Ma, in un certo senso, con il senno di poi, anche una sorta di pietra al collo, visto che Lawrence diventerà la misura su cui vagliare ogni suo altro ruolo.

«Un vero artista dovrebbe essere capace di saltare in un secchio di merda e uscirne profumando di viole» disse O’Toole a Telese su Esquire. «Ma io ho trascorso due anni e tre mesi su quel film, due anni e tre mesi pensando solo a Lawrence. Diventando lui. È una cosa che mi ha fatto male dal punto di vista personale e che avrebbe ucciso la mia carriera di attore».

Di ruoli così clamorosamente indelebili non ne avrebbe più avuti. Tra i film da ricordare – in un registro molto vario di generi – The Lion in the Winter, in cui era Enrico II al fianco di Katharine Hepburn, Becket e il suo re (di nuovo Enrico II, ma con Richard Burton), il curioso, conradiano Lord Jim, diretto da Richard Brooks, la commedia scritta da Woody Allen Ciao Pussycat e quella diretta da William Wyler Come rubare un milione di dollari, il Caligola di Tinto Brass, L’ultimo imperatore di Bertolucci (era il precettore di corte) e, il film dell’ultima nomination, Venus. In Troy era Priamo, al fianco dell’Achille di Brad Pitt («un attore decente, e un giovanotto delizioso»). Era sua la voce del critico Anton Ego nel film Pixar Ratatouille.

O’Toole non aveva grande riguardo per i premi («Sono delle graziose cianfrusaglie. Ho la mensola del caminetto piena. Ma ce ne è uno solo a cui tengo, il mio David di Donatello,in oro massiccio, disegnato da Bulgari e relizzzato da un vero fabbro come si deve. Volevo venderlo ma poi non ce ne è stato bisogno»). Infatti (dopo aver detto no al titolo di baronetto, perché lo avrebbe insignito Margaret Thatcher), in un primo momento disse di no all’Oscar onorario, che volevano dargli nel 2003. Lo convinse Meryl Streep ad accettare. Se la ricordava così: «Meryl aveva paura di andare a far pipì perché la coda del vestito era troppo pesante. Lei voleva una sigaretta, io un joint. Alla fine ci siamo data alla vodka, perché è una ragazza che sa divertirsi. E le piace un cicchetto. Il problema agli Oscar, in effetti, è stare sobri – perché quella cerimonia e inter-mi-na-bile!»

Peter O’Toole è’ stato sposato due volte (con l’attrice Sian Philips e la modella Karen Brown). Ha avuto tre figli, due femmine e un figlio maschio – di nome Lorcan, che è poi Lawrence in Irlanda.

 

 

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