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Quarantena nelle classi, «la circolare è inapplicabile»

Quarantena nelle classi, «la circolare è inapplicabile»Una classe del liceo Newton di Roma – LaPresse

Covid Il ministero dell’istruzione ha emanato il protocollo anti-Dad: fino a due contagiati, tutti in classe dopo il tampone. Ma Asl e scuole protestano: mancano le risorse per applicare le nuove linee guida, già superate dalla quarta ondata

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 9 novembre 2021

È arrivata alle scuole nel fine settimana la circolare ministeriale con le nuove linee guida per la gestione dei casi di Covid-19 a scuola. D’ora in poi, dalla scuola primaria alle superiori saranno necessari almeno tre casi positivi nella stessa classe per attivare la didattica a distanza. Con un solo caso, infatti, è previsto un tampone per tutti, e i negativi torneranno subito in classe. Se i casi saranno due, la quarantena riguarderà solo i non vaccinati. Il compito di condurre le operazioni di test, tracciamento e isolamento spetta ai dipartimenti di prevenzione delle Asl. Ma se i sanitari non interverranno tempestivamente, saranno i dirigenti scolastici o il «referente Covid» della scuola (spesso è la stessa persona) a segnalare il caso positivo, individuare i contatti e comunicare le istruzioni da seguire. Con qualche problema di organico, perché le segreterie non lavorano 24/7 mentre il virus non dorme mai. E qualche contraddizione burocratica: come può la scuola impartire istruzioni diverse a vaccinati e non vaccinati, se per ragioni di privacy non ne conosce lo status? Anche le Asl lamentano l’inapplicabilità delle nuove norme: la gestione di un numero così grande di casi da tracciare e tamponare subito dopo il «paziente zero» richiede un organico che nelle Asl non c’è. E molti degli operatori sanitari in attività lavorano con contratti a termine ormai vicini alla scadenza.

ALL’APPARENZA, PER ORA tutto sembra filare liscio. «Nel primo giorno di applicazione delle nuove norme sulle quarantene, a Roma non si segnalano particolari criticità» spiega Mario Rusconi, presidente della sezione laziale dell’Associazione Nazionale Presidi (Anp). Ma il commento appare beffardo. Nella capitale, infatti, cinque Asl su sei hanno deciso di non applicare i nuovi protocolli almeno per i primi giorni. Non si tratta di disobbedienza civile. «Mentre alle scuole è arrivata una circolare, a noi hanno inviato una semplice nota tecnica» fanno sapere informalmente dalle Asl ribelli «che per altro è già obsoleta». La revisione delle indicazioni – recita infatti la nota tecnica – è stata determinata dalla «riduzione della circolazione di SARS-CoV-2 nella comunità» e «le indicazioni fornite – come si legge più avanti – andranno rivalutate in caso di aumento della circolazione virale». Le linee guida sarebbero dunque superate dai fatti, visto che da tre settimane l’incidenza dei casi sale, trainata proprio dai casi nelle fasce di età più giovani. «In queste condizioni, non ci sentiamo di applicarle» dicono i sanitari.

ANCHE I PRESIDI hanno qualche dubbio sull’efficacia del protocollo scolastico. «Se funzionerà, dipenderà da quanto saranno efficienti le Asl» spiega Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi (Anp). «Nel documento viene chiarito che il dirigente può disporre la sospensione delle lezioni in presenza e l’avvio della dad ma poi è la Asl che deve comunicare che si può tornare in classe». Se le Asl non saranno in grado di effettuare rapidamente tutti i tamponi necessari, la dad rischia di prolungarsi. Scaricare la responsabilità sulle scuole non basta, perché anche nelle segreterie l’organico è carente. «Per rendere efficiente questo dispositivo bisogna incrementare l’organico, in particolare quello delle segreterie, spesso mancano anche i direttori delle segreterie» denuncia Giannelli. «Chiediamo inoltre da anni i cosiddetti quadri, un livello di management intermedio tra docenti e dirigente scolastico».

L’IMPRESSIONE È che per l’ennesima volta il governo sulla scuola abbia puntato su un provvedimento-spot, condivisibile nell’obiettivo di scongiurare la didattica a distanza ma sprovvisto delle risorse per renderlo applicabile. Un film già visto la scorsa estate, quando il governo ha «messo in sicurezza» le scuole, senza però investire su edilizia scolastica e personale.

Fortunatamente, i dati confermano che il virus in età scolastica provoca per lo più sintomi lievi, e raramente conduce al ricovero. Secondo l’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità, nella fascia tra i 7 e i 19 anni la percentuale di contagiati finiti in terapia intensiva negli scorsi trenta giorni è pari a zero.

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