«Quarantamila euro a Palamara per favorire la nomina di un procuratore»
Inchiesta sulle toghe di Roma Abitazione e ufficio nella procura di Roma perquisiti, così è iniziata ieri la giornata del pm Luca Palamara mentre l’inchiesta avviata a Perugia diventava uno tsunami. Al centro delle indagini […]
Inchiesta sulle toghe di Roma Abitazione e ufficio nella procura di Roma perquisiti, così è iniziata ieri la giornata del pm Luca Palamara mentre l’inchiesta avviata a Perugia diventava uno tsunami. Al centro delle indagini […]
Abitazione e ufficio nella procura di Roma perquisiti, così è iniziata ieri la giornata del pm Luca Palamara mentre l’inchiesta avviata a Perugia diventava uno tsunami. Al centro delle indagini ci sono quattro protagonisti e, accanto, la rete di amicizie dentro e fuori i palazzi di giustizia. Palamara è accusato di corruzione, a corromperlo sarebbero stati gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore (già protagonisti dei processi su Eni e sentenze pilotate), a fare da tramite l’imprenditore Fabrizio Centofanti. I tre (rei confessi in altri procedimenti per corruzione) sono accusati di aver «corrisposto varie e reiterate utilità a Palamara, all’epoca consigliere del Csm, consistenti in viaggi e vacanze. Le utilità percepite appaiono collegate alla sua funzione di consigliere del Csm». Non solo viaggi e vacanze in Sicilia e Dubai per lui e i suoi familiari, anche un anello da 2mila euro destinato all’amica Adele Attisani. E soldi: Palamara avrebbe ricevuto 40mila euro da Calafiore e Amara «per favorire Giancarlo Longo nell’ambito della procedura di nomina del procuratore di Gela». Nomina poi bloccata dal presidente Mattarella. E ancora: il magistrato si sarebbe adoperato «per danneggiare Marco Bisogni, all’epoca pm a Siracusa, in precedenza oggetto di reiterati esposti a firma Amara e Calafiore». L’accanimento contro Bisogni sarebbe stato funzionale a bloccarne le inchieste.
L’inchiesta di Perugia fa entrare nel quadro altri due magistrati. Sono venute allo scoperto «altre condotte delittuose ascrivibili a Palamara in concorso con il consigliere del Csm Luigi Spina e il sostituto procuratore di Roma Stefano Fava». Palamara e Spina (entrambi nella corrente Unicost) sono amici e, secondo i pm umbri, sono legati «da interessi come le nomine dei Procuratori della repubblica di sedi vacanti». Sarebbe stato Spina a «rivela due circostanze coperte da segreto a Palamara: che è stata depositata alla prima commissione del Csm un esposto di Fava nei confronti dell’allora Procuratore capo di Roma (Giuseppe Pignatone, ndr) e di un aggiunto (Paolo Ielo, ndr); che era stata inoltrata dalla procura di Perugia la comunicazione di iscrizione a carico di Palamara di un procedimento penale».
Nelle intercettazioni finiscono anche due parlamentari, ascoltati mentre discutono con Palamara e Spina (indagato per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento) dell’esposto presentato da Fava, in cui c’è «un cd secretato». Soggetti coinvolti, i procuratori e gli ufficiali di polizia che indagano, i particolari delle intercettazioni, il titolo di reato: tutto è stato già rivelato all’indagato.
Non solo. Sarebbe stato lo stesso Fava a consegnare a Palamara le carte in cui accusa Pignatone e Ielo di non essersi astenuti in un procedimento su Amara a Calafiore, nonostante i rispettivi fratelli avessero avuto incarichi dagli imputati. «La consegna di queste carte da parte di Fava – scrivono i pm di Perugia – e le informazioni assunte dal consulente della procura, il commercialista Andrea Giorgio, che avrebbe spifferato a Palamara informazioni sul fratello di Ielo, hanno per Palamara un valore difensivo e forse di ‘ritorsione’». È Spina a dire all’amico: «C’avrai la tua rivincita perché si vedrà che chi ti sta fottendo forse sarà lui a doversi difendere a Perugia, perché noi a Fava lo chiamiamo». Palamara replica: «No, adesso lo devi chiamare altrimenti mi metto a fare il matto». E ancora Palamara: «Siccome un angelo custode ce l’ho, sei spuntato te, m’è spuntato Stefano (Fava, ndr) che è il mio amico storico». Secondo chi indaga «Fava nell’intendimento di Palamara sarà suo strumento per screditare Ielo che ha disposto la trasmissione degli atti a Perugia».
Fava è indagato per concorso in rivelazione del segreto d’ufficio e per favoreggiamento. Avrebbe confidato a Palamara che gli accertamenti condotti da Perugia erano partiti «dalle carte di credito dell’imprenditore Centofanti e si erano estesi ai pernottamenti negli alberghi». Avrebbe poi consegnato «alcuni atti e documenti non identificati e alcuni atti già allegati all’esposto inoltrato al Csm, anche in relazione alla conduzione e gestione del fascicolo 44630/16 dal quale erano scaturite le investigazioni a carico dello stesso Palamara».
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