Quanto vale la «magnifica preda» Angelino Alfano, oggetto del desiderio secondo le cronache siciliane sia di Forza Italia che del Pd? I due partiti sono ancora impegnati nella ricerca del candidato presidente, potendosi però contendere solo il posto di miglior perdente, visto che il Movimento 5 Stelle ha dalla sua i sondaggi e una campagna elettorale in pieno svolgimento – al voto mancano due mesi e mezzo. Un pezzo dell’indecisione di Renzi e Berlusconi si spiega proprio con le manovre per circuire il piccolo partito del ministro degli esteri, quell’Alternativa popolare che nei sondaggi nazionali arriva appena a sfiorare il 2%. In Sicilia vale qualcosa in più, addirittura il 10% come media regionale delle recenti elezioni amministrative, secondo Alfano, che però ha messo dentro tutto l’8% – in assoluto non lusinghiero – raccolto dalla lista «senza simbolo» che Ap ha presentato a Palermo a sostegno di Orlando con il Pd e altri centristi.
Il peso massimo delle preferenze nel partito di Alfano è il suo coordinatore regionale Giuseppe Castiglione ed è lui che ieri (sincerità o tattica) ha dato per quasi fatto l’accordo con il Pd. Sottosegretario e indagato per la gestione del Cara di Mineo, Castiglione è tra i pochissimi nel gruppo di testa di Ap che possa contare su precedenti trionfi elettorali, in particolare nel 2001 è stato il recordman delle preferenze alle elezioni regionali: 18mila raccolte per Forza Italia nella circoscrizione di Catania. Cinque anni prima, il giovane Alfano alle regionali aveva messo assieme la metà dei voti. Ed è stata quella l’unica occasione nella quale il pluriministro si è dovuto guadagnare le preferenze, perché anche quando ha corso per la camera dei deputati in regime pre liste bloccate, nel 2001, lo ha fatto al riparo del listino proporzionale.

Dei tre possibili candidati di area centrista di cui si parla in queste ore, solo uno, Dore Misuraca, si è già misurato con le elezioni regionali siciliane, riuscendo anche lui ad arrivare nel 2006 alle 18mila preferenze (ma nel collegio di Palermo) e guadagnando così uno tra gli assessorati più pesanti del governo Cuffaro. Hanno invece saltato il passaggio in Assemblea regionale sia Giampiero D’Alia che Giovanni La Via. Il primo ha però vinto il seggio uninominale di Messina della camera nel 2001 (40mila voti) ereditando il bacino elettorale del padre democristiano, Salvatore D’Alia. Il secondo dopo un inizio da «tecnico» per il governatore Cuffaro si è fatto eleggere due volte al parlamento europeo, l’ultima con 56mila preferenze.

Ma cosa porta con sé la «magnifica preda» Angelino Alfano? L’unica richiesta che il ministro degli esteri ha fatto sia a Berlusconi (direttamente al telefono) che a Renzi (via Delrio e Guerini) è stata quella di trasformare l’alleanza regionale siciliana in un’alleanza politica nazionale. Il ritorno a casa con Berlusconi sarebbe stata la scelta più facile per Alfano, quella più facilmente accettata dai dirigenti di Ap e soprattutto quella che avrebbe scongiurato altre fughe di parlamentari verso il Cavaliere. Ma Berlusconi non ha intenzione di garantire al ministro un accordo a lungo termine, preferendo ovviamente avere accanto Salvini alle politiche.
Renzi invece può non dire di no ad Alfano. Il prezzo che il Pd dovrà immediatamente pagare – e cioè la rinuncia definitiva alla legge sullo ius soli e (meno citata) a quella sul testamento biologico – il segretario è pronto a pagarlo senza rimpianti: la sua campagna elettorale ha altre priorità, sostanzialmente opposte. Il vero dazio – con queste leggi elettorali – arriverà al momento di fare le liste. Ap è sotto la soglia di sbarramento sia alla camera che al senato. Al senato avrà bisogno di coalizzarsi con il Pd, alla camera potrebbe invece giovarsi di qualche posto tra i capilista bloccati. Con tanti saluti ai progetti neo ulivisti di Pisapia.