Quando lo Stato rompe il muro carcerario
Tortura Ogni qualvolta c’è un’inchiesta per pestaggi o abusi nei confronti di persone private della libertà tendiamo a sorprenderci positivamente
Tortura Ogni qualvolta c’è un’inchiesta per pestaggi o abusi nei confronti di persone private della libertà tendiamo a sorprenderci positivamente
Non c’è mai da esultare quando parte un’inchiesta penale, anche quando questa riguarda episodi come quelli avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Ogni qualvolta c’è un’inchiesta per pestaggi o abusi nei confronti di persone private della libertà tendiamo a sorprenderci positivamente.
Dovrebbe invece essere normale che a fronte di un reato grave, come maltrattamenti o tortura, la macchina investigativa e giudiziaria dello Stato non si fermi davanti ai cancelli delle prigioni. E tortura, sembra, sia una delle fattispecie di reato imputate ai quarantaquattro agenti di Polizia Penitenziaria, per le violenze e i pestaggi subiti immediatamente dopo le proteste nate nella fase più dura del lockdown.
L’inchiesta ci rassicura rispetto a uno Stato che non rinuncia, nel nome dello spirito di corpo, a indagare dentro le proprie istituzioni. Il presente, però, è anche quello tutto sommato prevedibile dell’ex ministro degli Interni che porta la sua solidarietà pregiudiziale a favore di persone indagate per tortura. Matteo Salvini ripete un ritornello che aveva già cantato qualche tempo fa davanti al carcere di San Gimignano, quando portò la sua vicinanza politica ad alcuni poliziotti penitenziari, anche lì sotto indagine, per tortura. Salvini si sta contrapponendo a giudici e Carabinieri pur di difendere presunti torturatori. Usa argomenti e parole inesatte volendo derubricare le violenze a reazioni necessarie per bloccare le proteste dei detenuti. Solo che tra le une e le altre trascorsero circa 24 ore.
Dopo le proteste e le rivolte di marzo-aprile, fortunatamente in poche carceri, sarebbe scattata una vendetta punitiva contro i detenuti. Ciò pare sia accaduto anche a Santa Maria Capua Vetere. Antigone presentò allora tre esposti – uno riguardava l’istituto campano – per violenze e torture, avvertendo sempre per tempo l’amministrazione penitenziaria. Trovammo da subito un pezzo di Stato – istituzioni di garanzia, magistrato di sorveglianza – in prima fila nella protezione della legalità intra-muraria. L’inchiesta anche in questo senso ci conforta. Nel futuro, in primo luogo bisogna, proteggere tutti coloro che hanno avuto il coraggio della denuncia dal rischio di rappresaglie e in secondo luogo sperare che si rompa quel muro di omertà che, in luoghi chiusi e sottratti agli sguardi, rende difficile l’accertamento dei fatti.
Infine, tre osservazioni 1) Qualora l’inchiesta vada avanti ci auguriamo che il ministero della Giustizia chieda di costituirsi parte civile e lo facciano anche le organizzazioni sindacali rappresentative della Polizia penitenziaria. 2) Le affermazioni di Salvini che esprime solidarietà a presunti torturatori dovrebbero interrogare i gestori di facebook. Per qualcosa di simile twitter ha bacchettato Trump negli Usa. 3) in Italia finalmente esiste il crimine di tortura e i giudici lo imputano anche a esponenti delle forze dell’ordine.
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