Cultura

Quando l’arte intercetta «un bisogno reale»

Quando l’arte intercetta «un bisogno reale»

Mostre «Naufragi-Approdi» è un'intensa e commovente installazione ospitata nell’atrio porticato della Ca’ d’Oro di Venezia

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 3 agosto 2024

Nel 2023 lungo le rotte migratorie i morti sono stati 8565, 3.129 solo nel Mediterraneo. Questi sono i numeri, angoscianti, dati dall’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e su tali dati, gli artisti con disabilità dei Laboratori d’arte di Sant’Egidio si sono trovati a riflettere, a pensare e a fare arte, affiancati, come avviene ormai da dieci anni, dall’italo-brasiliano César Meneghetti, artista visuale e filmaker.

Nasce così Naufragi-Approdi (a cura di Alessandro Zuccari, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, Venezia, visitabile fino al 15 settembre), intensa e commovente installazione ospitata nell’atrio porticato della Ca’ d’Oro in parallelo con gli eventi di Stranieri ovunque, sessantesima Biennale d’arte di Venezia. Sul pavimento di mosaico poggiano le 3129 piccole barche bianche in carta realizzate dai Laboratori: ognuna parla di un migrante in fuga morto nelle acque del Mediterraneo (le 130 rosse più piccole sono i bambini), su ognuna è una breve frase («Dici straniero e pensi strano. E se lo strano sei tu?») mentre sullo sfondo Meneghetti ha pensato un ledwall di nove metri in cui il mare – rosso– digitale si increspa, si alza, si frammenta per poi scomparire: i nomi dei morti echeggiano nel silenzio del chiostro e i visitatori possono prendere una piccola barca.

SOTTO LA LOGGIA sul Canal Grande c’è un grande disegno a penna in cui Marianna Caprioletti rivisita Gericault e quei pochi naufraghi disperati, il lacerto della vela e i corpi morenti su quel che rim

ane della zattera. A Roma, di Caprioletti – nel cortile del comparto R5 di Tor Bella Monaca, in via dell’Archeologia, in uno degli ex-lavatoi sede del Laboratorio d’Arte di Sant’Egidio (nell’altro, ha sede la scuola di Pace, punto di riferimento e snodo di iniziative come la preparazione di pasti per i senza fissa dimora, i pranzi solidali, un centro estivo per i bambini e gli anziani del quartiere) – c’è ancora una bella mostra con le sue opere. Lei, che non parla e non sente, molto acutamente e con intensità osserva: gli occhi sono sempre grandi nelle sue rivisitazioni di Leonardo, Caravaggio e Mantegna con una Camera degli sposi vista in gita scolastica durante gli anni della scuola.

Qui – come anche al Laurentino 38, a Nuova Ostia, al Trullo, al Quarticciolo e alla Serpentara – la presenza dei Laboratori d’arte di Sant’Egidio continua a cercare di fornire strumenti culturali attraverso cui leggere la realtà (la prima pagina dei giornali, come insegnava Don Milani) attivando creatività ed espressione col linguaggio dell’arte, laddove le disabilità fisiche e psichiche celano enormi mondi interiori. Perché – ed è ancora Don Milani – «ogni anima è un universo di dignità infinita» e perché, secondo le parole semplici e cristalline di Daniele Mencarelli, «…con una lingua soltanto l’uomo non si cura.

CON LA MEDICINA e la scienza senz’altro inizia il percorso ma poi c’è bisogno di tutte le altre lingue che sono a disposizione per curarsi. E questo avviene dove c’è un bisogno reale e non finanziario, dell’opera». Non certo nel grande circo extralusso dell’arte contemporanea di oggi.

 

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento