Visioni

Quando l’abito racconta una storia

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ManiFashion Capita che nell’era del ragionamento politico, sociale e televisivo fatto per slogan, la narrazione acquisti un valore di controtendenza e che riscuota più successo proprio tra coloro che si sono […]

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 11 ottobre 2014

Capita che nell’era del ragionamento politico, sociale e televisivo fatto per slogan, la narrazione acquisti un valore di controtendenza e che riscuota più successo proprio tra coloro che si sono formati sui testi brevi degli short message e delle chat e che ora richiedono un racconto che trasmetta una storia. La controtendenza è evidente nella moda che nelle ultime stagioni premia chi dalla narrazione trae degli abiti adatti a costruire un discorso.

La riprova arriva paragonando le collezioni di alcuni marchi che, nel senso e nel contenuto della loro moda, hanno caratteri molto distanti, Prada, Valentino e Chanel: iconoclasta e d’avanguardia la prima, legata all’estetica classica la seconda, celebrativa la terza. Nelle loro ultime collezioni c’è l’evidenza di quanto la narrazione messa in atto da Prada e da Valentino sia in antitesi con lo slogan di Chanel. Miuccia Prada spiega la sua collezione dicendo che la sua ricerca parte indagando l’antico, un metodo per capire come dare un senso compiuto all’oggi che, una volta scoperto, può servire a quella costruzione di un futuro che si fa fatica perfino a scorgere. La collezione, infatti, narra di un tessuto antico come il broccato che si insinua nei tessuti tecnici e nelle cuciture, scopre un legame con la forma del moderno e costruisce una nuova esperienza estetica e di contenuto, facendo dell’abito una denuncia di uno specifico femminile che richiede attenzione più per il suo essere che per l’apparire: una narrazione di contenuti.

Per costruire la collezione di Valentino, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli sono partiti dalle sensazioni e dalle visioni sviluppate dagli intellettuali stranieri dell’Ottocento e hanno raccontato un viaggio italiano molto goethiano attraverso stampe e lunghezze, abiti che sembrano dipinti o superfici di sculture, aerei come i giardini di Villa Cimbrone, preziosi come rami di corallo: una narrazione della bellezza classica. Al contrario, Karl Lagerfeld per Chanel ha allestito la sua sfilata all’interno del Grand Palais dove ha ricostruito un Avenue Chanel affollato da modelle che, in una finta manifestazione, reggevano cartelli con le scritte:«Fate la moda non fate la guerra» .

Però, sono i primi due marchi a essere sotto l’attenzione di chiunque vede nella moda un percorso di rinnovamento per la cultura perché, nella sua solitudine, la moda che pensa parla diversamente da come parlano tutti. Soprattutto, il contrario di come parla la politica. Per esempio, Renzi e il primo ministro francese Valls riscuotono consensi parlando per slogan: «L’Italia non è un paese finito ma un paese infinito» o «Solo la Francia può bocciare una legge francese» che, privi di narrazione, non approdano né a ragionamenti né a proposte. A loro va bene perché acquisiscono voti, ma se facessero moda non venderebbero neanche un calzino.

manifashion.ciavarella@gmail.com

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