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Quando la «Buona scuola» smantella la scuola che funziona a Terlizzi

Quando la «Buona scuola» smantella la scuola che funziona a TerlizziLiceo Classico Sylos a Terlizzi

Al liceo classico un valzer di cattedre voluto dalla dirigente scolastica. I docenti mandati a insegnare allo Psicopedagogico. La Flc-Cgil si oppone

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 6 ottobre 2017

Era facile prevedere che la furia dirigista della «Buona Scuola» si sarebbe trasformata in un ricettacolo di discriminazioni e privilegi. Una manciata di giorni prima dell’inizio dell’anno scolastico, è stato sufficiente un decreto di assegnazione dei docenti alle classi, emanato dalla dirigente scolastica del Polo Liceale, per smantellare il liceo classico Sylos di Terlizzi, una piccola realtà del Nord barese che conta un centinaio di studenti e una storia bellissima fatta di comunità e di immaginazione animata dagli studenti e da un gruppo di docenti qualificato e affiatato.

La decisione della dirigente scolastica ha radicalmente modificato la composizione del corpo docente, smembrando le cattedre e trasferendo i professori titolari delle materie caratterizzanti nelle altre scuole dello stesso istituto comprensivo e, viceversa, riassegnando tutte le cattedre del classico a docenti degli altri indirizzi. I docenti di storia e filosofia, di latino e di inglese passano all’indirizzo di Scienze Umane, il professore di greco, dopo ventinove anni di insegnamento della disciplina, prende la cattedra di italiano (che non ha mai insegnato) e geostoria, la professoressa di matematica viene trasferita al Pedagogico e nessuna classe d’ingresso al biennio e al triennio viene presa in carico dall’originario corpo insegnante, cosicché, nel giro di due anni, quei docenti si troveranno a perdere le cattedre. E se la manovra trova legittimità nel maggior potere discrezionale assegnato dalla legge 107 della Buona scuola ai dirigenti scolastici, per gli studenti e i genitori del Sylos il decreto della preside non rispetta il criterio della continuità didattica previsto dalla legge vigente né il patto formativo sottoscritto dalla scuola e non è giustificato dalla necessità di comporre nuove cattedre.

Così il primo giorno di scuola le aule sono restate vuote e i genitori hanno scritto alla dirigente e ai direttori generali degli istituti scolastici regionale e provinciale. «È nostra opinione – dicono – che la voce stessa degli allievi sia stata sostanzialmente ignorata». Intanto, la Flc-Cgil di Bari ha aperto la vertenza: la continuità dell’insegnamento non è da sempre elemento riconosciuto dell’efficacia didattica? E non esiste anche una continuità di esperienze pluri-decennali, maturate dai docenti su specifici indirizzi di studio e condotte con incisività testimoniata anche dall’apprezzamento unanime degli studenti?

Il caso sta alimentando convergenze imprevedibili. La pagina facebook Terlizzi Antifascista si schiera apertamente contro il provvedimento unilaterale della dirigente. Il sindaco di centro-destra, insieme ai consiglieri comunali di maggioranza e opposizione (ad eccezione del Pd), ha chiesto alla dirigente scolastica le ragioni di un intervento che deprime le ottime pratiche sviluppate per decenni dai docenti coinvolti e il loro impegno nella «sensibilizzazione ai valori della cittadinanza partecipata».

Un legame con la città testimoniato dalla battaglia che pochi mesi fa aveva visto i professori del Classico, gli stessi coinvolti poi nel trasferimento, schierarsi contro la dirigente a favore dell’accorpamento al Polo Liceale dell’Istituto Agrario De Gemmis, altra realtà storica della città, per evitarne il cambio di sede e la conseguente perdita di cattedre e di posti di lavoro, attraverso una progettazione condivisa per rilanciare l’istituto non a caso ubicato nella «Città dei Fiori». «Scelte aziendali, scelte dirigenziali», dice stavolta la preside. E quando circa 70 studentesse e studenti, per lo più minorenni, si radunano dietro uno striscione fuori dai cancelli e chiedono di essere ricevuti, ha chiamato i carabinieri.

Quello del Liceo Classico di Terlizzi, è tutt’altro che un caso isolato. Una storia finita sui giornali negli stessi giorni è quella del Boselli di Torino, l’istituto professionale per il commercio del quartiere Vallette, che ha visto mobilitarsi genitori e studenti contro il trasferimento decretato dal Dirigente scolastico di un gruppo di docenti che da 20 anni lavorava in piena armonia. Tra questi il professor Pino Iaria, rappresentante torinese dei Cobas Scuola, che si è dimesso dalla Rsu a causa del clima «avvelenato dall’atteggiamento autoritario del preside». Sono gli studenti stessi, che per protesta continuano a disertare le lezioni di matematica, a denunciare gli atti ritorsivi del dirigente contro il professore. Tracce visibili di una scuola che resiste prima di scomparire per sempre in un moderno feudalesimo.

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