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Quando György Lukács elogiava Charlie Chaplin

Quando György Lukács elogiava Charlie ChaplinGyörgy Lukács

Scaffale «Lettere agli italiani», per le Edizioni Punto Rosso. Riuniti gli scambi epistolari con Cases, Carocci, Aristarco, Zanardo e Elsa Morante

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 21 novembre 2023

Gli editori Einaudi e Mondadori disputarono per accaparrarsi l’opera di Lukács la quale fu edita, inizialmente, dall’editore torinese con la pubblicazione degli scritti di estetica intitolati Il marxismo e la critica letteraria. Anche questa vicenda, attraverso lo scambio epistolare fra il filosofo e Cesare Cases, è proposta nel volume Lettere agli italiani. Lettere a Cesare Cases, Alberto Carocci, Guido Aristarco, Aldo Zanardo, Elsa Morante (a cura di A. Infranca, Milano, Edizioni Punto Rosso, pp. 134, euro 17).

TANTE SONO LE QUESTIONI affrontate nell’epistolario. Fra queste, la notizia, comunicata a Cases da Lukács, di un suo viaggio a Firenze nel maggio del 1956 che fu occasione di un incontro con Delio Cantimori. Interessante, soprattutto ai fini della discussione mai sopita intorno al presunto stalinismo del filosofo ungherese, la sottolineatura da parte dello storico italiano (in alcune lettere del suo epistolario con Gastone Manacorda) delle numerose conversazioni con Lukács e della sincera ammirazione per lui, il quale ci teneva a dire che «il compito era di ricominciare da capo, studiando Marx e Lenin, e combattendo la miriade di piccoli Stalin» che andavano affermandosi avendo come modello il dittatore georgiano.

La parte più consistente del volume curato da Infranca è occupata, comunque, dallo scambio epistolare con Cases che va dal 1953 al 1970. Molto si dice soprattutto in merito alle letture di Lukács (preferiva Le teste scambiate di Thomas Mann a Il visconte dimezzato di Calvino pur apprezzando la capacità espressiva dello scrittore italiano). Lasciava alla moglie Gertrud l’incombenza della lettura del Dottor Zivago e si irritava che Storia e coscienza di classe fosse stato pubblicato in Francia senza un suo preciso coinvolgimento nella vicenda. Polemizzava con Benedetto Croce scrivendo di non avere «un alto concetto della filosofia» crociana.

LA LETTERA dell’8 febbraio 1962 ad Alberto Carocci, meglio nota come Lettera sullo stalinismo, pubblicata su Nuovi Argomenti ed originata da otto domande sullo stalinismo che il giornalista italiano aveva inviato ad intellettuali e politici, consente a Lukács di mostrare «che nel caso Stalin non si tratta affatto (…) di errori particolari e occasionali, ma di un falso sistema di idee che si costituì a poco a poco» e i cui effetti nefasti erano ancora attivi.

Delle lettere con Guido Aristarco, da cui prese avvio la collaborazione del filosofo ungherese con la rivista Cinema nuovo, va ricordato il riferimento a Chaplin che, pur non essendo mai stato marxista, sottolinea Lukács, grazie al cinema, ha fissato «l’immagine dell’uomo in pericolo, della sua lotta per conservarsi a se stesso» nel mondo della più spietata alienazione e manipolazione.

Inoltre, il volume presenta una lettera del 1963 a Zanardo, attualmente condirettore di Critica marxista, sul giovane Marx e tre lettere del periodo 1968-1970 ad Elsa Morante. Era stato proprio Cases, dieci anni prima, ad alimentare l’interesse di Lukács per l’opera della Morante al punto che, durante la deportazione in Romania dopo la rivoluzione del 1956, il filosofo lesse Menzogna e sortilegio (in una traduzione visto che, per sua stessa ammissione, non frequentava l’italiano).

CON LA LETTERA del 30 novembre del 1970, ultima della raccolta, Lukács invita la scrittrice a prendere parte alla campagna da lui avviata in favore della liberazione di Angela Davis. Proprio nell’ambito di questa campagna il filosofo ungherese ebbe uno scambio epistolare con Berlinguer quasi a sottolineare ancora di più, come scrive Infranca, «la vivacità dell’interesse di Lukács verso l’Italia».

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