ExtraTerrestre

Quando camminare è un atto politico

Alta quota L’Associazione proletari escursionisti ha festeggiato i cento anni di vita con un campeggio nel lecchese. La resistenza sociale va in montagna

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 3 ottobre 2019

Andare in montagna come un atto di resistenza sociale. «Dare un senso politico al camminare, conoscendo le esperienze di resistenza e resilienza che animano i territori di montagna». Mentre taglia le verdure per la cena, Ambra esprime così lo spirito dell’Associazione Proletari Escursionisti che a fine giugno ha festeggiato il centesimo anniversario della fondazione del gruppo con un campeggio sui monti lecchesi.

INSIEME A LEI, PRESIDENTE del gruppo di Milano, quello che, solo pochi anni fa, ha ridato nuova linfa all’associazione a livello nazionale, erano presenti delegazioni di nuclei «apeini» da tutta Italia: storici come quello di Lecco o rifondati da poco come Milano o Bergamo o del tutto nuovi come Roma. «Quando andiamo in montagna, non dimentichiamo le esperienze politiche e sociali della nostra quotidianità e cerchiamo di portarle con noi», continua Ambra mentre le luci del tramonto all’orizzonte illuminano le pareti montuose dietro alla Baita Segantini, alle pendici del gruppo delle Grigne, dove hanno montato le tende dell’annuale campeggio apeino.

LE GRIGNE SONO UN LUOGO SPECIALE per l’alpinismo italiano e, in particolare, per l’APE a cui è intitolato qui anche un passaggio alpino: il cosiddetto spigolo APE. Si chiama così fin dagli anni ’20 quando l’omonima organizzazione escursionista prese forma a Lecco e Milano per poi diffondersi presto in altre città italiane. Per arginare l’endemica diffusione dell’alcool tra i ceti popolari e per promuovere lo sport durante le ore di tempo libero, conquistate a fatica con le prime lotte operaie. Oltre che per immaginare una società più giusta e libera.

Erano gli anni ’20 e, mentre la violenza fascista si faceva sempre più diffusa, tra i membri dell’APE cominciava a farsi largo un’idea: dare vita a un rifugio gestito dall’APE proprio sopra Lecco, all’ombra delle Grigne. L’ascesa del fascismo era però inarrestabile e le leggi fascistissime del 1926 decretarono l’abbandono di ogni progetto ai Pian dei Resinelli. Lo scioglimento di APE era inevitabile: a differenza di altre organizzazioni. non si tentò neppure la via del compromesso con il regime. Gli «apeini» si dispersero e alcuni di loro si ritrovarono schierati, pochi anni dopo, a fianco delle brigate partigiane sulle montagne del Nord Italia.

DA QUELL’INTRECCIO TRA la passione per l’escursionismo e la lotta antifascista, vennero buttati i semi per la rinascita della struttura organizzata dell’APE: a pochi mesi dalla fine del conflitto vecchi e giovani apeini si ritrovarono per ridare linfa all’organizzazione, rispondendo a quel bisogno di partecipazione sempre più forte nella società dopo la guerra. Sull’onda dell’entusiasmo, finalmente i soci realizzarono il sogno dei fondatori: acquistare e gestire un rifugio al Pian dei Resinelli. Per qualche anno è stato il Rifugio Alveare, un punto di supporto per le camminate in montagna e luogo di socialità per gli escursionisti dell’APE e non solo. I cambiamenti profondi all’interno della società e nell’escursionismo e nell’alpinismo erano tali da provocare una crisi inarrestabile per l’APE, ormai sempre più piccolo in termini di sezioni e di iscritti. Il momento di svolta risale a solo pochi anni fa quando un gruppo di giovani milanesi, uniti dalle esperienze politiche in città e all’università e dalla comune passione per la montagna, decide di riprendere in mano il vessillo dell’APE. Non più, come alle origini, per lottare contro la piaga dell’alcoolismo ma per sperimentare un modo diverso di andare in montagna e di viverla, promuovendo la difesa e il rispetto del suo ambiente.

DAL 2012 E ANCOR PIU’ DAL 2015, anno della pubblicazione del libro Sentieri Proletari di Alberto Di Monte, sezioni dell’APE sono rinate un po’ in tutta Italia, intrecciando passione per l’escursionismo e per la politica. A partire da quelle esperienze di difesa dei territori di montagna dalle grandi opere, dal loro sfruttamento indiscriminato e dalla loro commercializzazione che sono maturate lungo la Penisola negli ultimi anni.

PRIMA DI TORNARE AI PIEDI delle Grigne a festeggiare il centenario, campeggi «apeini» infatti si sono tenuti a Fornovolasco, in collaborazione con il Comitato «Salviamo le Apuane», in Val Susa, nei giorni del festival Alta Felicità, a Campotosto in uno dei paesi del centro Italia devastati dal terremoto e dove la ricostruzione stenta ancora a partire. Insieme alle gite organizzate durante l’anno, sono momenti in cui conoscere le esperienze di resistenza e resilienza in corso nei territori ma anche mettere in pratica un approccio diverso. «A interessarci non è lo spirito competitivo in cui l’unico obbiettivo è la conquista della vetta – chiarisce Ambra – ma uno aperto e accogliente per far sì che ciascuno possa sentirsi parte del gruppo e delle comunità incontrate, senza essere solo turisti della montagna».

COME AMBRA, ERANO TANTE LE DONNE presenti al campeggio ai piedi delle Grigne, a testimonianza di un’altra affinità tra l’ultima ondata «apeina» e quella delle origini: il protagonismo femminile. Nate in un’epoca in cui l’alpinismo e l’escursionismo erano considerati attività maschili, le sezioni apeine avevano promosso già dagli anni ’20 la partecipazione paritaria delle donne alle attività dell’associazione.

TRA LE SUE FILA MILITAVA LA SARTA Giulia Resta, una delle prime alpiniste, a cui è dedicata Punta Giulia sulle Grigne: insieme a poche altre, aveva preso parte alle spedizioni «apeine». A far da collante tra le la prima generazione e quella attuale una donna come Marta Pascucci che, recentemente scomparsa, aveva preso parte alla Resistenza e alla rinascita dell’APE nel dopoguerra. Lei e altre donne sono state ricordate nell’itinerario EVA (Escursionismo che Va Altrove) che le attiviste di APE Milano negli ultimi mesi hanno tracciato in città, collegando i luoghi più importanti della lotta per l’emancipazione femminile.
A unire questa esperienza cittadina con quelle in montagna dell’APE è proprio il tentativo di tracciare dei percorsi, di scoprirne altri, di prendersene cura e di farne memoria. «Sempre più in alto per una nuova umanità» è il motto dell’APE. Di ieri e di oggi.

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