C’è una persistente grave emergenza in Italia. Ma non sono gli sbarchi di immigrati e nemmeno i furti o le rapine. Sono i femminicidi e gli omicidi di donne. È ciò che emerge dal Dossier Viminale presentato, come di tradizione, a ferragosto dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, durante la riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Dopo il minimo storico realizzato negli anni scorsi contrassegnati dall’emergenza Covid-19 e da periodi di lockdown e da restrizioni delle attività pubbliche, tra agosto 2021 e luglio 2022 sono aumentati gli omicidi (319) che comunque rimangono al di sotto del periodo pre-pandemico (erano 334 tra gli stessi mesi del 2018-19). Il fenomeno degli omicidi è in costante calo dal 2013 – di fatto già dagli anni novanta – e oggi l’Italia è uno dei paesi meno pericolosi in Europa nonostante il permanere di formazioni mafiose e criminali (i cui omicidi sono aumentati nell’ultimo anno, ma va considerato che le vittime sono per la gran parte appartenenti ad altri gruppi malavitosi).

La delittuosità in generale mostra una ripresa e lo stesso vale per le rapine, ma anche in questo caso i dati sono ben al di sotto del decennio pre-Covid ed anzi i furti e gli scippi – che sembrano allarmare gli italiani più di ogni altro crimine – risultano in calo anche rispetto al periodo pandemico e sono quasi dimezzati rispetto ad una quindicina di anni fa. Tutto questo non lo dice Matteo Salvini che nel suo sguaiato tweet a commento dei dati del Viminale non ha potuto far altro che rivolgere l’attenzione – e sollevare un inesistente e generico allarme – su «reati, sbarchi, insicurezza e cyber-attacchi».

Il vero allarme riguarda invece la “violenza di genere”. Sono stati 125 gli omicidi di donne tra agosto 2021 e luglio 2022, in aumento rispetto ai 108 registrati nello stesso periodo dell’anno scorso: rappresentano il 39,2% di tutti gli omicidi volontari commessi in Italia. Di questi 108 sono stati commessi “in ambito familiare/affettivo” e 68 perpetrati “da partner o ex partner”: significa che oggi in Italia più di un omicidio su tre ha come vittima una donna e si consuma in ambito familiare e relazionale. A conferma, come scriviamo da diversi anni, che la sfera di maggior pericolo per le donne non è quella pubblica, ma quella dei rapporti familiari e personali. È in questo contesto che si manifesta, nella sua brutalità e violenza, la propensione al dominio, alla sottomissione e all’assoggettamento che sono componenti primarie di quella cultura patriarcale maschilista che, purtroppo, è tuttora fortemente radicata nel nostro paese. La pericolosità per le donne della sfera familiare si riscontra anche negli ammonimenti dei Questori: quelli per violenza domestica sono saliti a 1.640 (quattro anni fa erano 667), segno che le donne stanno denunciando maggiormente le violenze che subiscono in famiglia. Preoccupa, invece, che i provvedimenti di allontanamento siano diminuiti (361 rispetto ai 414 dell’anno scorso) e non è chiara la ragione del calo delle denunce per stalking.

Il Viminale non riporta lo strumento con cui le donne vengono uccise. Ma i dati pubblici contenuti nel database dell’Osservatorio Opal mostrano che nel periodo agosto 2021-luglio 2022 vi sono stati 16 omicidi di donne in ambito familiare e relazionale con armi regolarmente detenute.

Il numero appare contenuto, ma rappresenta il 14,8% di questi omicidi e femminicidi: un dato rilevante e preoccupante se si considera che solo il 6-8% della popolazione adulta italiana ha una licenza per detenere armi. Significa, infatti, che le armi detenute legalmente con la motivazione di volersi difendere da ladri e rapinatori vengono usate più spesso per uccidere la moglie, la compagna o la ex piuttosto che per difendersi da rapine nella propria abitazione. Da diversi anni, infatti, in Italia è maggiore il rischio, soprattutto per una donna, di essere uccisa da un familiare o conoscente che detiene legalmente delle armi che da un rapinatore.

Omicidi di donne e femminicidi sono problemi che vanno contrastati con l’educazione, sradicando la cultura del dominio dell’uomo sulla donna. Ma richiedono anche provvedimenti urgenti per limitare il possesso delle armi, norme più rigorose sul rilascio delle licenze e controlli più frequenti e accurati sui legali detentori di armi. Non è più accettabile che l’arma detenuta col pretesto della legittima difesa divenga lo strumento privilegiato per l’illegittima offesa nei confronti di una donna.

*Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa – Opal