Quali mutazioni si preparano nel mercato del libro?
Express La rubrica delle culture che fa il giro del mondo
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Aprile, mese crudele anche per chi si occupa di editoria, almeno a leggere la stampa specializzata sulla London Book Fair, che si chiude oggi dopo tre giorni di incontri, e sul Festival du Livre di Parigi, la cui apertura è fissata per domani nella sede sontuosa (e transitoria) del Grand Palais Éphémère. Manifestazioni diverse – la prima, appuntamento ineludibile per gli operatori del settore, secondo solo alla Buchmesse; il secondo, kermesse rivolta al grande pubblico – eppure utili entrambe per tastare il polso al mondo del libro, in questo 2023 ormai postpandemico.
La metafora è abusata e obsoleta (quanti medici oggi hanno il coraggio di fidarsi dei propri sensi e non dei macchinari offerti dalla tecnologia?) ma adatta alle circostanze, e non solo perché abbiamo alle spalle una fase non breve di stallo e di malattia. La quantità di discorsi sulla bellezza dei libri e sull’importanza della lettura è, infatti, direttamente proporzionale alla sensazione che l’editoria stia maluccio o perlomeno che – se non subito, nel giro di pochi anni – si stia preparando a mutare in qualcosa di diverso da quello che osserviamo oggi.
Per esempio, cosa succederà – anzi, sta succedendo – del diritto d’autore, già incrinato dalle critiche al concetto stesso di proprietà intellettuale, ma ora esposto agli infiniti prelievi delle diverse «incarnazioni» dell’intelligenza artificiale? «L’allarme non è fuori luogo o esagerato», ha scritto Porter Anderson su Publishing Perspectives in riferimento a una tavola rotonda sul diritto d’autore che si è tenuta alla fiera londinese e a cui ha partecipato, fra gli altri, Maria A. Pallante, presidente dell’Aap, l’associazione degli editori americani, molto critica nei confronti di Internet Archive, «biblioteca digitale no-profit che ha lo scopo di consentire un accesso universale alla conoscenza» (citiamo da Wikipedia), fondata a San Francisco nel lontano 1996, quando si pensava alla Rete come a uno spazio di libera circolazione del sapere.
Ne è passato del tempo, e difatti a marzo il tribunale distrettuale di New York ha emesso una sentenza favorevole al diritto d’autore, concludendo una causa intentata proprio dall’Aap e sostenuta, non a caso, dai giganti dell’editoria statunitense. Ma la regolamentazione dell’intelligenza artificiale si prospetta ben più complessa, rispetto alla battaglia contro le no-profit.
Si vedrà – anche perché ci si chiede quale sarà il mercato del libro fra dieci o vent’anni. La domanda sorge spontanea, leggendo l’ampio servizio di Barbara Fasseur pubblicato su Actualitté alla vigilia del Festival du Livre. Come ogni anno, nei giorni precedenti alla manifestazione sono stati resi pubblici i dati dell’indagine sulle abitudini di lettura dei francesi, realizzata dall’Ipsos in collaborazione con il Centre National pour la Lecture. E i numeri – lo dobbiamo dire? – sono sconfortanti: certo, l’86% dei francesi continua a definirsi «lettore» (il 24% dice di leggere molto, il 37% moderatamente e il 25% poco), ma presso quelli che dovrebbero essere i lettori di domani si è registrato un calo notevolissimo. Nella fascia tra i 15 e i 24 anni la percentuale dei lettori è diminuita del 12% rispetto al 2019.
Per correre ai ripari, l’ingresso al festival sarà gratuito per i visitatori sotto i 25 anni ed è stato firmato un accordo con TikTok (partner ufficiale anche dello Hay Festival). Basterà? «Affidarsi a TikTok per sedurre gli adolescenti la dice lunga: mettendo da parte i problemi di sicurezza e di dati personali, è meglio far entrare il lupo nell’ovile e, se possibile, dalla porta principale», commenta Passeur.
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