È Pasqua, ed è pur sempre opportuno pensare a chi sta peggio di noi, e, se possibile (ma sempre è possibile!), fare qualcosa per alleviare le loro sofferenze, la loro solitudine. Ho ripreso in mano due tascabili delle edizioni e/o della metà degli anni Novanta dello scorso secolo, nei quali vennero raccolte, anche con il mio aiuto, molte testimonianze di persone più o meno note, più o meno amiche e però tutte toccate dalle questioni che quei libri mettevano al centro. Il primo si intitolava Mi riguarda, 1994, e trattava dell’handicap e delle persone con disabilità. Gli autori, tutti, avevano a che fare con l’handicap, spesso e soprattutto in quanto genitori. Ricordo i nomi di amici scrittori come Peppo Pontiggia, Giancarlo De Cataldo, Clara Sereni, il grande Flaiano (il testo più poetico e bello, che ci fu proposto dalla sua vedova, Rosetta), Giulio Cattaneo, e ancora Bossi Fedrigotti, Gallo Barbisio, Giovanna Cau, lo sceneggiatore Ennio De Concini… Ne scrisse una bella prefazione lo psichiatra Carlo Brutti. E si trattò di testimonianze tutte commoventi. Ricordo che quella di Flaiano fu particolarmente commovente…

In quel tempo si parlò molto di handicap anche grazie al movimento di Capodarco, un’organizzazione a base cattolica che agitò le acque e contribuì grandemente a far conoscere la questione e a promuovere una legislazione conseguente. E sì, si può ben dire che, se la condizione di chi ha disabilità è cambiata, questo è dovuto anche a gruppi come quelli e all’azione diretta di famigliari e parenti per sensibilizzare l’opinione pubblica e per primi i legislatori… (Qualche tempo prima un grande ispanista, Carmelo Samonà aveva pubblicato da Einaudi un romanzo da riscoprire, Fratelli, basato su un vissuto familiare). Mi riguarda ebbe un’eco notevole, e spinse la casa editrice a recidivare occupandoci stavolta di malattia mentale, in sostegno alla proposta di legge del grande Basaglia. Il nuovo agile libro si intitolò Si può e raccolse le testimonianze e le opinioni, a cura di Clara Sereni, di alcuni ottimi giornalisti «di sinistra», ben noti allora ai lettori del manifesto: oltre alla Sereni, Lucia Annunziata, Gad Lerner, Barbara Palombelli, Oreste Pivetta e Gianni Riotta.

Quest’anno si è ricordata da molte parti la cosiddetta «legge Basaglia», si è parlato molto dell’esperienza di Gorizia, di Reggio Emilia e alcun e altre sempre di «area Basaglia». Nella quarta di quel libro si diceva che «si può». «Non con ragionamenti astratti, non cancellando contraddizioni e problemi, si vuole intervenire nel dibattito in corso testimoniando di come, appunto ‘si può’: si può reagire alla malattia mentale, all’emarginazione, all’esclusione, costruendo con pazienza una vita degna di essere vissuta, una vita in cui la malattia non scompare per magia ma è resa compatibile con altri aspetti più vitali e gratificanti dell’esistere».
Quella battaglia fu in buona parte vinta, ma quante altre sono ancora da combattere – da parte dei gruppi formati da «persone di buona volontà» e non sempre in presenza di una forte rappresentanza politica. I «mi riguarda» e i «si può» devono essere ancora all’ordine del giorno.