Della tavola rotonda tra i capi di Stato dei paesi Brics, riuniti in Sudafrica, a richiamare l’attenzione è il più atteso o almeno colui attorno al quale gira più curiosità. Sarà per l’assenza «in presenza», la forma virtuale, ma il presidente russo appare come di fronte a uno specchio, su una poltrona ormai scomoda tra potere e declino.

Tuttavia, espone il suo concetto della storia: colpo di stato in Ucraina voluto dall’occidente; popoli in Donbass che vogliono mantenere la loro lingua, le loro tradizioni, la loro integrità; l’esercito liberatore che scende in loro aiuto.

«Alcuni Paesi promuovono la loro egemonia e le loro politiche con il colonialismo e il neocolonialismo – dice Putin – Vorrei sottolineare che l’aspirazione a preservare questa egemonia ha portato alla crisi in Ucraina. Vogliamo essere parte attiva per porre fine a questa situazione e arrivare a una risoluzione pacifica della questione».

SE PARLA DI PACE mentre persegue la guerra, in ogni caso il richiamo alla pacificazione è unanime, o quasi. Il presidente indiano Modi, che presiederà il prossimo G20, non ne vuole proprio sapere di invitare l’Ucraina.

A farlo notare tra le righe è il presidente brasiliano Lula che – al momento di ringraziare i paesi amici per l’impegno per la pace – dimentica di annoverare proprio l’India. Ma è lui, di nuovo ieri, a ribadire la necessità di una de-escalation globale, andando all’attacco della corsa al riarmo: «È inaccettabile che la spesa militare mondiale superi in un solo anno i 2mila miliardi di dollari, mentre la Fao ci dice che 735 milioni di persone soffrono la fame ogni giorno».

Mentre i leader discutono tra loro, una gigante quarta parete divide il dibattito politico dalla stampa relegata dall’altra parte dello schermo. Probabilmente la distanza tra la realtà e la finzione è la stessa di quella parete.

In questo contesto piovono le parole chiave, condivise nelle loro dichiarazioni ufficiali dai cinque leader: multilateralismo, sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici, solidarietà, lotta alle diseguaglianze, economie emergenti, ambiente, pacifica coesistenza, educazione, sud globale, ordine multipolare mondiale. E poi la più pesante new devolopment bank, il neologismo di de-dollarizzazione.

Appaiono poi altre parole un po’ più peculiari. Il presidente cinese Xi Jinping parla di cooperazione tra i popoli per «tecnologie più sicure e controllabili» e insiste sulla necessità del sud globale di individuare «in modo indipendente il percorso di sviluppo» e muoversi «insieme verso la modernizzazione». Da parte sua Narendra Modi, fresco di sbarco sulla Luna, promuove proprio la cooperazione per l’esplorazione dello spazio spiegando che servirebbe ai satelliti e al monitoraggio del clima.

E TORNA, centralissima, l’idea dell’allargamento: il vertice ha adottato un documento per definire le linee guida e i principi in previsione dell’ammissione di nuovi membri. Ad annunciarlo, all’emittente sudafricana Radio Ubuntu, è il ministro degli Esteri del paese ospitante, Naledi Pandor, ripreso da Xi Jinping e Modi: pur tra divisioni e differenze di posizioni sul numero di possibili new entry e sui tempi dell’adesione, i Brics si dicono compatti.

Per i dettagli, tutto rinviato a oggi, giornata conclusiva del vertice sudafricano. O forse al prossimo vertice Brics, quello che Vladimir Putin propone di ospitare nella città russa di Kazan nell’ottobre 2024.