Internazionale

Purga bancaria, arrestati 29 ispettori anti-corruzione

Purga bancaria, arrestati 29 ispettori anti-corruzione

Turchia Sono accusati di «irregolarità»

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 20 agosto 2016

Una volta fatto spazio nelle carceri, con la liberazione dei detenuti comuni per far posto ai golpisti, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha pensato di completare il repulisti generale. L’ultima retata, che risale a ieri, a parte un’ottantina di professori universitari, si è concentrata sul versante più delicato, quello economico: il terreno che più interessa al governo per esplicita ammissione del ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu all’agenzia russa Sputnik. L’ordine era sradicare i seguaci di Fetullah Gulen e tutte le ramificazioni del suo movimento Hizmet dal mondo degli affari. E con particolare riguardo agli affari di famiglia del presidente.

Così ieri sono finiti in manette 29 ispettori dell’autorità di controllo bancaria Bddk. Gli ispettori bancari sono accusati di «ispezioni irregolari» nei confronti di fondazioni e società vicine al presidente. A cominciare dalla fondazione Türgev, una delle tante fondate da Bilal Erdogan, terzogenito di Recep Tayyip che fino a marzo di quest’anno risiedeva a Bologna, dove di recente la procura ha ottenuto una proroga per continuare a indagare sul suo conto.

Le ispezioni finite sotto la lente post golpista sono in particolare 317 e riguardano un periodo di tempo circostritto, dal 1° gennaio 2013 al 30 giugno 2014. Si riferiscono alla Fondazione per l’educazione della gioventù di Bilal Erdogan e anche alla Fondazione per i diritti umani, le libertà e il soccorso umanitario (la sigla turca è Ihh) che nel 2010 organizzò la missione a Gaza della Mavi Marmara nell’ambito della Freedom Flottiglia, finita in un bagno di sangue ad opera delle forze di sicurezza israeliane.Un recente accordo risarcitorio ha recentemente chiuso il conto tra Ankara e Tel Aviv ma ora anche quell’episodio viene in qualche modo inglobato nella grande purga anti gulenista.

Quanto al figlio del presidente, che ha lasciato Bologna per Istanbul per «motivi di sicurezza», Bilal proprio nel 2013 era finito invischiato in quella che si può definire una «tangentopoli turca» che aveva coinvolto due ministri dell’allora premier Recep Tayyip Erdogan – Bayraktar e Bagis -, una sessantina di alti burocrati e un giovane uomo d’affari, Reza Zarrab, poi fuggito a Miami dove nel marzo scorso è stato arrestato per reati vari, dallo sfruttamento della prostituzione alla frode bancaria, ma in sostanza accusato di aver violato l’embargo Usa per l’import di petrolio e gas dall’Iran.

Zarrab, che ha anche un passaporto azero e è coetaneo di Bilal Erdogan, in patria nel 2013 era stato accusato di riciclaggio di denaro e oro grazie alle sue potenti entrature politiche nell’Akp. Lo stesso Bilal era finito sotto inchiesta per corruzione ma il procuratore «Mani pulite» Celal Kara, accusato da Erdogan-padre di «caccia alle streghe» e «complotto», fu messo sotto inchiesta e infine allontanato.

Fu proprio in relazione a questo scandalo che Erdogan coniò la definizione di «Stato parallelo» agli ordini di Fetulla Gulen, il supposto mandante del fallito golpe del 15 luglio. Anche i 29 ispettori ne farebbero parte, secondo l’accusa, insieme a 200 imprenditori di 44 aziende messe al setaccio dalla polizia nelle ultime ore.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento