Pugno di ferro di Riyadh con Hamas
Medio oriente Domenica i giudici sauditi hanno condannato al carcere decine di palestinesi e giordani legati ad Hamas e ai Fratelli musulmani. Tra di essi Mohammed Al-Khudari, 82 enne ex rappresentante del movimento islamico a Riyadh, condannato a 15 anni
Medio oriente Domenica i giudici sauditi hanno condannato al carcere decine di palestinesi e giordani legati ad Hamas e ai Fratelli musulmani. Tra di essi Mohammed Al-Khudari, 82 enne ex rappresentante del movimento islamico a Riyadh, condannato a 15 anni
Un tribunale saudita domenica ha emesso verdetti contro 69 palestinesi e giordani, condannandone alcuni a pene detentive fino a 22 anni. Tra di essi Mohammed Al-Khudari, 82 enne ex rappresentante del movimento islamico Hamas a Riyadh, condannato a 15 anni, e suo figlio Hani che sconterà tre anni di carcere. Entrambi erano stati arrestati all’inizio del 2019. Non c’è dubbio sull’intenzione delle autorità saudite di ribadire la loro ostilità nei confronti dei Fratelli musulmani a cui appartengono quasi tutti i condannati. Riyadh allo stesso tempo ha lanciato un messaggio molto chiaro ad Hamas, movimento che sta assumendo un ruolo regionale sempre più spiccato grazie anche all’appoggio di Turchia e Qatar, avversari dell’Arabia saudita, e che di recente si è riavvicinato all’Iran, «nemico» della monarchia Saud.
L’arresto di Mohammed Al Khudari fece notizia. Il rappresentante di Hamas per due decenni aveva tessuto le complesse relazioni tra il movimento islamista con Riyadh riuscendo ad allentare la tensione e non poche volte ad evitare rotture laceranti. Poi all’inizio del 2019, in conseguenza anche dell’aggravarsi della frattura tra sauditi e qatarioti, sotto la spinta dell’erede al trono Mohammed bin Salman, Riyadh decise di colpire palestinesi e giordani presenti nel regno e noti come oppositori del riavvicinamento diplomatico avvenuto in questi ultimi anni tra Arabia saudita e Israele e dell’Accordo di Abramo, la normalizzazione avviata circa un anno fa dagli Emirati arabi e altri paesi arabi con Israele. Riyadh formalmente non ha ancora aderito all’Accordo ma i suoi rapporti con Tel Aviv sono ugualmente molto stretti. Da parte sua Hamas, pur essendo schierato contro la normalizzazione con Israele, ha sempre usato toni morbidi con l’Arabia saudita. «Non interromperemo le nostre relazioni con alcun Stato della regione e manterremo legami con l’Arabia saudita e qualsiasi altro paese che riconosce il diritto dei palestinesi alla sovranità palestinese», ha detto di recente Khalid Meshaal, ex capo dell’ufficio politico di Hamas all’emittente saudita Al Arabiya. Ma a Riyadh è prevalsa ugualmente l’ostilità nei confronti dei Fratelli musulmani e Hamas.
A febbraio Amnesty International aveva denunciato le gravi condizioni di salute di Al Khudari, ammalato di cancro alla prostata, e chiesto il suo rilascio immediato. Le autorità saudite hanno risposto domenica annunciando la raffica di condanne contro l’ex rappresentante di Hamas e decine di altri detenuti. Le sentenze, non ancora rese, pubbliche, sono state confermate dal Comitato dei giordani in Arabia Saudita, un gruppo per i diritti della libertà, e dall’Organizzazione araba per i diritti umani (Aohr) che domenica ha parlato di «un processo iniquo e politicizzato» privo degli standard minimi di un procedimento equo. «Il processo – ha denunciato Aohr – mancava di qualsiasi base legale, tutti gli imputati erano residenti in Arabia saudita con permessi di soggiorno validi e nessuno di loro ha violato la legge saudita. È inaccettabile – ha aggiunto – che un certo numero di attivisti palestinesi continui ad essere arrestato con l’accusa di sostegno agli orfani e ai poveri in Palestina». Hamas, nel frattempo, ha condannato le sentenze emesse domenica. perché i condannati non avevano fatto nulla a danno dell’Arabia Saudita.
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