Pugni chiusi contro il razzismo al potere
Anniversari I velocisti Usa Tommie Smith e John Carlos entrambi Pantere Nere, pagarono a caro prezzo il loro gesto di contestazione sul podio olimpico
Anniversari I velocisti Usa Tommie Smith e John Carlos entrambi Pantere Nere, pagarono a caro prezzo il loro gesto di contestazione sul podio olimpico
L’idea di boicottare le olimpiadi di Città del Messico del 1968, venne ai dirigenti delle Pantere Nere, organizzazione politica che negli Stati Uniti si batteva contro le discriminazioni razziali e rivendicava il black power. La proposta fu avanzata da Edwards, dirigente delle Pantere Nere, ex discobolo e giocatore di basket, professore di sociologia all’università di San Josè in California. Tutto era iniziato due anni prima delle olimpiadi, quando nel campionato universitario di pallacanestro, durante l’incontro tra la squadra Texas Western di El Paso e quella di Kentuky, l’allenatore Donald Lee Haskins schierò ben 7 neri su 12 giocatori a disposizione.
Fu uno scandalo. Fino ad allora i giocatori neri schierati in una partita di basket erano al massimo due e venivano impiegati sul terreno di gioco solo per pochi minuti nell’arco della partita. Haskins, un allenatore bianco privo di pregiudizi nei confronti dei giocatori di colore, rasentò la provocazione, quando di lì a qualche settimana, proprio nella finale del campionato universitario schierò nel quintetto base solo giocatori neri. Per le autorità universiarie aveva abbondantemente superato i limiti, e il rettore provvide a sciogliere la squadra di basket. Fu a seguito di quell’avvenimento che Edwards, propose di boicottare l’incontro di football americano tra la squadra della sua università e quella della Texas Western, proposta che ebbe un tale consenso da indurre il rettore della San Josè University ad annullare il match.
In seguito a quell’ esperienza Edwards organizzò un incontro tra gli atleti afroamericani di alto livello agonistico per valutare la possibilità di boicottare le olimpiadi del ’68 di Città del Messico. A quell’incontro, svoltosi a Newmark, che faceva seguito ai disordini razziali accaduti nell’estate del’67, parteciparono atleti neri di 42 città americane e tra loro i velocisti Tommie Smith, una sorta di Bolt di quei tempi, Carlos ed Evans, tutte figure di primo piano dell’atletica nera americana. Pochi mesi prima delle olimpiadi di Città del Messico, un sondaggio pubblicato dalla rivista Life, riportava che la gran parte degli atleti neri, che avrebbero preso parte alle olimpiadi erano a favore del boicottaggio. All’inizio di luglio, anche il reverendo Jesse Jackson si dichiarò favorevole al biocottaggio. Ecco quanto dichiarò Tommie Smith, tra i più attivi per il boicottaggio, a una rivista specializzata di atletica:” Ci sono state marce, proteste e altre manifestazioni per le condizioni dei neri in America. Non credo che questo boicottaggio possa risolvere il problema, ma penso che la gente saprà che noi non abbiamo più intenzione di lasciare le cose come stanno.
Il nostro obiettivo di atleti non è quello di migliorare la nostra condizione personale, ma quella di tutta la nostra gente. Dovete considerare il boicottaggio come un passo su questa via. Non staremo ad aspettare che i bianchi escogitino qualcos’altro contro di noi. Ho lavorato molto e a lungo per le olimpiadi e mi dispiace che non se ne faccia più niente, ma penso che il boicottaggio sia una buona cosa e vale la pena sostenerlo”. In un incontro tenutosi a luglio del ’68 tra gli atleti afroamericani selezionati per le olimpiadi, il fronte a favore del boicottaggio uscì minoritario, appena 12 atleti si dichiararono a favore e 24 contrari. Per non creare divisioni e salvaguardare l’unità politica, Tommie Smith e altri accettarono il verdetto e unanimamente decisero di portare alle olimpiadi una fascia nera sul braccio per ricordare le discriminazioni razziali, successivamente sostituita da un distintivo con la scritta” Programma olimpico dei diritti umani”.
Il 16 ottobre del 1968 Tommie Smith, detto Jet, e John Carlos corsero la gara dei 200 metri e si classificarono al primo e al terzo posto. Sul podio con la medaglia al collo, mentre le note diffondevano l’inno americano, alzarono il pugno chiuso e chinarono il capo. Entrambi infilarono il pugno in un guanto nero, prima di alzarlo al cielo. Quel guanto non era il simbolo delle Pantere Nere, come in tanti ancor oggi ritengono, ma fu messo per non sporcarsi le mani in vista della premiazione, un gesto sprezzante nei confronti del presidente del Comitato internazionale olimpico Avery Brundage, che sosteneva apertamente la presenza nel Cio della Rhodesia e del Sudafrica, due nazioni razziste che non consentivano agli atleti neri di gareggiare nei loro paesi. Inoltre Avery Brundage aveva ignorato il massacro degli studenti universitari messicani, che si era verificato due settimane prima in Piazza delle Tre Culture, i quali protestavano contro lo spreco di denaro per le olimpiadi e rivendicavano migliori condizioni di vita.
Quella di Tommie Smith e John Carlos sul podio olimpico di Città del Messico con il pugno chiuso e la testa china, rappresenta una delle icone simbolo del Novecento. Il gesto dei due velocisti americani ebbe una vasta eco in tutto il mondo e sortì un effetto di gran lunga maggiore rispetto agli esiti che avrebbe avuto il boicottaggio olimpico. Le due Pantere Nere pagarono a caro prezzo il loro gesto. Il giorno successivo furono rimpatriati ed estromessi dalla squadra olimpica dei velocisti. Tommie Smith dovette aspettare dieci anni prima di trovare un lavoro come istruttore di atletica in un college americano, John Carlos non ebbe la forza di resistere e di lì a qualche anno si siucidò.
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