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Pubblicità, il greenwashing degli inquinatori

Geoffrey Supran, ricercatore associato presso il Dipartimento di Storia della Scienza dell’Università di Harvard e principale autore dello studio, ha dichiarato: «I social media sono la nuova frontiera dell’inganno e […]

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 29 settembre 2022

Geoffrey Supran, ricercatore associato presso il Dipartimento di Storia della Scienza dell’Università di Harvard e principale autore dello studio, ha dichiarato: «I social media sono la nuova frontiera dell’inganno e dei tentativi di ritardare gli interventi contro la crisi climatica. I nostri risultati mostrano che, mentre l’Europa stava vivendo l’estate più calda mai registrata, alcune delle aziende maggiormente responsabili del riscaldamento globale si sono ben guardate dal parlare di crisi climatica e hanno invece sfruttato i social media per posizionarsi strategicamente come marchi sostenibili, innovativi e attenti alle cause sociali». Tra le pubblicazioni di Geoffrey Supran compare anche la prima analisi peer-reviewed sulla comunicazione della big del petrolio ExxonMobil sui cambiamenti climatici, che dimostra come l’azienda abbia ingannato il pubblico sulla scienza del clima e le sue implicazioni per quarant’anni.

Le aziende in questione – fra cui figurano anche Eni e alcuni marchi automobilistici italiani del gruppo Stellantis – restano fra i principali responsabili dell’emergenza che stiamo vivendo. Non solo per l’enorme quantità di emissioni di gas serra a loro riconducibili, ma anche perché continuano a puntare su modelli di business che aggravano la nostra dipendenza dal gas e dal petrolio, alimentando così l’emergenza ambientale, le guerre, i conflitti sociali e l’insicurezza energetica.

Per fermare il greenwashing delle aziende fossili, Greenpeace sostiene, insieme a più di trenta organizzazioni internazionali, una Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) per vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende legate ai combustibili fossili. Se la petizione «Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti» raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine alla propaganda ingannevole delle aziende inquinanti che alimentano la crisi climatica. L’iniziativa dei Cittadini Europei si può firmare fino al 4 ottobre su http://basta-spot.greenpeace.it.

Quest’anno, per la prima volta, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico dell’Onu (Ipcc) ha identificato esplicitamente il ruolo che le campagne pubblicitarie hanno nell’alimentare la crisi climatica, mentre centinaia di scienziati hanno firmato una lettera in cui chiedono alle agenzie pubblicitarie e di Pr di smettere di lavorare con le aziende produttrici di combustibili fossili e di diffondere disinformazione sulla crisi climatica. Pochi giorni fa, anche il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres si è rivolto ai leader mondiali in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu, chiedendo un controllo più severo sull’«enorme macchina di pubbliche relazioni che rastrella miliardi per proteggere l’industria dei combustibili fossili», paragonandola all’operato delle lobby dell’industria del tabacco che per decenni hanno bloccato con successo la regolamentazione del loro prodotto mortale.

* Campagna clima di Greenpeace Italia

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