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“Psicoterapia e scienze umane” compie cinquant’anni

Rivista di eccezionale interesse e qualità, militante da mezzo secolo sul fronte della psicoanalisi le cui firme più accreditate sono state spesso ospitate sulle sue pagine, la rivista «Psicoterapia e […]

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 12 febbraio 2017

Rivista di eccezionale interesse e qualità, militante da mezzo secolo sul fronte della psicoanalisi le cui firme più accreditate sono state spesso ospitate sulle sue pagine, la rivista «Psicoterapia e Scienze umane» festeggia i suoi cinquant’anni con una sorta di inventario speciale, realizzato inviando dodici domande a oltre sessanta protagonisti del pensiero psicoanalitico, indipendentemente dalla loro scuola di appartenenza. Alcune delle questioni poste implicano risposte più soggettive, le altre invece indagano nodi teorici, e tutte prendono atto, fra le righe, della crisi di consensi cui la psicoanalisi è andata incontro, insidiata da supposti saperi di più pronto uso. Una buona sintesi delle risposte migliori viene offerta dall’intervento di Jacques André, filosofo di formazione, allievo di Ricoeur, Lévinas e Lyotard, laureato con Laplanche, che alla domanda – di questi tempi cruciale – circa gli sviluppi delle neuroscienze e il loro rapporto con la psicoanalisi risponde: «il problema della psicoanalisi è quello del senso, e il senso non risulterà mai dall’immagina della risonanza magnetica del cervello». Lapidarie parole che potrebbero fornire una tomba adeguata a coloro che si ostinano a identificare mente e cervello. Tra le domande più sintonizzate sul presente, una riguarda il perché della crescente marginalizzazione della psicoanalisi, e Christopher Bollas risponde che la responsabilità va addebitata alla stessa istituzione psicoanalitica, che avendo escluso dal training tutti quanti provengono da discipline diverse – filosofi, antropologi, scrittori, artisti, fisici – si è inaridita: «Siamo stati noi che abbiamo ucciso la psiconalisi; è il nostro istinto di morte». Anche Jay Greenberg, direttore di «The Psychoanalytic Quarterly», sostiene che la è pretesa di detenere un accesso al significato «reale» di quel che altre discipline possono avvicinare, si dice, solo superficialmente ha contribuito a privare la psicoanalisi di ascolto. Molta passione ha suscitato la domanda sulla validità attuale del complesso di Edipo, cui hanno dato buone risposte sia Anna Ferruta che Vittorio Lingiardi, mentre sulla «resistenza» sono interessanti le osservazioni di Glen O. Gabbard, sulla analisi didattica e sul veleno che ne deriva la sentenza di Otto F. Kernberg, mentre a Jonathan Shedler si deve una diagnosi delle domande stesse, la cui scelta evidenzia già di per sé la lacerazione di un pensiero incerto sul rapporto con il proprio passato e preoccupata del futuro.

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