Psb, solo critiche. Perfino Confindustria
Un'audizione in commissione Bilancio – Foto Ansa
Economia

Psb, solo critiche. Perfino Confindustria

Governo Austero Audizioni inutili a giochi fatti. La Cgil: per 7 anni torna l’austerità. Gli industriali: stime di crescita non credibili
Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 4 ottobre 2024

Davanti a un testo già definito senza alcun confronto e inemendabile, le audizioni sul Piano strutturale di Bilancio hanno poco senso.

I giudizi di tutte le parti sociali sono però assai critici, senza distinzione alcuna. Il Piano strutturale di bilancio «infliggerà al nostro paese un lungo ciclo di austerità, quantificabile in circa 13 miliardi di tagli per ciascuno dei prossimi 7 anni», sostiene alla Camera il segretario confederale Cgil Christian Ferrari, oramai assurto a numero due della confederazione, davanti alle commissioni congiunte Bilancio. «I contenuti del Piano strutturale di bilancio – afferma – sono figli di una scelta politica molto precisa compiuta da Palazzo Chigi e dal Mef che avevano davanti un bivio: tagliare la spesa o andare a prendere le risorse dove sono, azionando la leva redistribuiva del fisco su profitti, extra-profitti, grandi ricchezze, rendite, lotta all’evasione e una vera progressività ed equità fiscale. Si è scelta la prima strada: quella di un’austerità selettiva scaricata su lavoratori e pensionati che, dopo aver subito un brutale impoverimento a causa dell’inflazione, continueranno ad essere colpiti da tagli a un welfare sempre meno pubblico. Per altri, invece, si continua a escogitare ogni strumento possibile per consentire loro di evitare di pagare quanto dovuto al fisco».

Critica, seppur con qualche distinguo, anche Confindustria. «La crescita programmata dal governo è la più elevata tra quelle dei principali previsori internazionali. A sostegno di questa crescita può giocare un ruolo centrale la rapida attuazione del Pnrr. Nel biennio 2025-2026 l’attenzione del Governo dovrà concentrarsi sul completamento della sua attuazione – ha detto il vice presidente di Confindustria Angelo Camilli. «Stando agli ultimi dati Regis, rilevati il 1 ottobre, finora sono stati spesi solo 9 miliardi su 44 previsti nel 2024 – ha aggiunto – cioè il 20% del totale; mentre per il 2025 e 2026 si dovranno spendere rispettivamente 58 e 48 miliardi. Appare quindi chiaro che occorre massima attenzione da parte di tutti i livelli di governo per la rapida messa a terra del piano. Senza l’attuazione di questo sarà impossibile raggiungere i tassi di crescita indicati dal governo. Nel periodo successivo, cioè dopo il 2026, occorrerà poi dare continuità ad alcuni interventi in grado di aumentare la crescita potenziale del paese in particolare quelli relativi agli investimenti».

Perfino la nuova Confindustria di Emanuele Orsini è arrivata a capire che l’austerità può essere nefasta. «Secondo una simulazione realizzata dal nostro centro studi, se tutti i paesi in procedura deficit eccessivo – compresa l’Italia – dovessero fare l’aggiustamento minimo previsto dalle regole, si avrebbe un impatto negativo sulla crescita dell’area Euro paro allo 0,3% in un momento in cui l’area si trova già sotto la sua crescita potenziale. Tali effetti potrebbero essere attenuati se venisse previsto un meccanismo che integri le politiche di bilancio nazionale in modo da assicurare che la fiscal stance europea sia adeguata al contesto economico europeo: quando l’economia europea andrà in recessione sarà importante avere una fiscal stance espansiva».

Anche l’Ance – i costruttori – lancia un allarme sul rischio che il risanamento dei conti si traduca in una riduzione della spesa per investimenti.

La Uil promette che vigilerà sulle pensioni. La Cisl suggerisce di tassare le grandi rendite finanziarie per recuperare risorse.

Infine, dai commercialisti intanto parte il pressing per prorogare il concordato: altrimenti – avvertono – «si rischia un insuccesso». Slittamento che, al momento, non sarebbe però allo studio.

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