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Prova a parlarmi ma non aprire quella porta…

Prova a parlarmi ma non aprire quella porta…Una scena da "Talk to Me"

Al cinema Arriva nelle sale l'horror dei fratelli Philippou dal titolo "Talk to Me"

Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 settembre 2023

Se esistono due mondi, quello dei vivi e quello dei morti, se tra questi due luoghi è stato posto un confine da non oltrepassare con tanto di Cerbero a fare da guardia, un motivo vi sarà. Eppure, il desiderio di migrare da uno spazio all’altro pare insopprimibile. I morti tornano tra i vivi assumendo varie forme, dal fantasma allegro o dispettoso, a quello angelico o demoniaco. E poi esistono gli Zombie sempre affamati, divoratori seriali senza scopo. Dal canto loro, i vivi esplorano fuori dalle convenzioni, non si accontentano di religioni e miti, di filosofie e narrazioni popolari. Vogliono essere testimoni in anticipo di un futuro inesorabile o, come Orfeo, bramano riportare indietro un amore dissolto nelle tenebre. Il fatto che dall’altra parte possa esservi il nulla non è un’opzione contemplabile, quanto meno nei racconti letterari e cinematografici che danno credito a realtà sovrannaturali affascinanti e, al tempo stesso, terrificanti.

Avvenuta la fusione, chi ospita il demone si trasforma in una specie di marionetta che subisce la forza di un’entità misteriosa, le cui finalità non sono affatto chiare.

DA QUESTO PUNTO di vista, Talk To Me, l’opera prima dei gemelli australiani Danny e Michael Philippou, non fa eccezione. Da un lato, quelli che sono rimasti e che sperano di saperne di più, dall’altro quelli che se ne sono andati e che, però, non hanno intenzione di mollare la presa. Espressione, quest’ultima, non usata a caso. Protagonista di questo film, infatti, è una mano imbalsamata che appena stretta mette in contatto il vivo con il morto, a patto che vi sia un invito esplicito prima a parlare (da qui il titolo Talk To Me), poi a entrare nel corpo di chi ha espresso la richiesta.
Avvenuta la fusione, chi ospita il demone si trasforma in una specie di marionetta che subisce la forza di un’entità misteriosa, le cui finalità non sono affatto chiare. L’effetto termina quando i compagni (che nel frattempo riprendono l’accaduto con gli smartphone) staccano la mano dal posseduto. Non sono previsti esorcismi e formule magiche. È come se la fine del gioco, perché così questa pratica viene malamente interpretata, fosse causata da un interruttore che semplicemente si spegne. In verità, quando si apre il vaso di Pandora…

I FRATELLI PHILIPPOU non si sono limitati a ricalcare alcuni dei classici del terrore. Hanno sviluppato anche una storia di adolescenti alle prese con le tipiche vicende sentimentali e sessuali che si vivono a quell’età, e con veri e propri traumi irrisolti come la perdita di una madre, forse morta per un accidente, forse per volontà propria.
Non abbiamo a che fare, evidentemente, con un dramma sociale o con un romanzo di formazione. I personaggi principali sono tratteggiati, intercettati in una specie di terra di mezzo esistenziale, tra gioie e paure, tra noia e voglia di scoprire. E quando arriva la mano che li trascina negli inferi, la loro prima reazione è quella di uno sballo collettivo da esibire in Rete.
Una volta in più, l’horror svela la propria ambiguità, incitando alla ribellione e a uscire dallo spartito della vita quotidiana, per poi immancabilmente punire chi, contro ogni avvertimento, ha scelto di aprire quella porta.

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