Economia

Protezione civile, l’allarme Cgil: “Il governo vuole privatizzarla”

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Il 30 aprile Erasmo D’Angelis è stato nominato a capo dell’Unità tecnica di missione per il dissesto idrogeologico di palazzo Chigi. A distanza di un mese ancora non è stato […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 31 maggio 2014

Il 30 aprile Erasmo D’Angelis è stato nominato a capo dell’Unità tecnica di missione per il dissesto idrogeologico di palazzo Chigi. A distanza di un mese ancora non è stato emesso il decreto del presidente del Consiglio che dovrebbe istituire la struttura, definendone appunto la missione, la durata, i finanziamenti, le modalità di funzionamento.

La Cgil e la Consulta nazionale per la Protezione Civile Fp Cgil guardano a questa struttura con molta attenzione. La prevenzione dal dissesto idrogeologico è, infatti, una priorità assoluta di questo Paese, reso sempre più fragile da un consumo di suolo irresponsabile e dall’aumento dei fenomeni atmosferici estremi causati dai cambiamenti climatici.

Una seria politica di manutenzione del territorio è quindi un imperativo per evitare, o almeno limitare, perdite di vite umane, abitazioni e attività economiche, ma è anche una grande opportunità per lo Stato di creare occupazione qualificata.

Per questo aspettiamo con interesse l’emanazione del decreto, anche per capire come si integrerà l’attività della nuova struttura con le altre istituzioni che hanno competenza in materia, a partire dal ministero dell’Ambiente, le regioni e la Protezione Civile.

Il 16 maggio scorso dal convegno «Protezione civile oltre le emergenze», organizzato dalla Fondazione Italiani-Europei e che ha visto tra i relatori Franco Gabrielli, capo del dipartimento nazionale della Protezione Civile e Erasmo D’Angelis, intervenuto già in veste ufficiale di capo dell’Unità di missione, è emerso un quadro preoccupante che delinea i contorni di un progetto molto simile alla fallita ipotesi di “Protezione Civile Spa” del 2010.

Un modello che prevede un sistema assicurativo obbligatorio contro i disastri naturali, l’utilizzo dei giovani del servizio civile, l’accentramento del centro di direzione e spesa, la “sburocratizzazione” delle procedure di appalto con la cabina di regia a Palazzo Chigi.

La tesi emersa dal convegno è che i cambiamenti climatici e l’impatto antropico stanno aumentando irrimediabilmente i disastri naturali e che la finanza pubblica non è più in grado di sostenere i costi enormi per la prevenzione e la ricostruzione, per cui è inevitabile il ricorso all’obbligo di assicurazione contro i disastri naturali sia per le abitazioni che per le attività economiche.

Noi abbiamo un’altra visione. Crediamo che gli interventi di prevenzione e di riparazione dei danni da calamità naturali debbano essere posti a carico della fiscalità generale, che si sostanzia secondo il principio costituzionale della progressività delle imposte e che determina il vincolo solidaristico alla base di una convivenza comunitaria, non certo con le assicurazioni private.

Riteniamo che gli interventi debbano essere progettati e gestiti a livello territoriale con il massimo coinvolgimento delle popolazioni, delle associazioni e delle parti sociali presenti sul territorio. La programmazione preventiva di Protezione Civile dovrebbe diventare uno strumento strutturale per progettare e realizzare i progetti, il contrario della visione di D’Angelis che vede il ricorso al dipartimento di Protezione Civile funzionale esclusivamente per i suoi poteri di ordinanza e di deroga dalle leggi sugli appalti e sulla sicurezza.

Riteniamo necessario un intervento legislativo organico sulla Protezione Civile che, applicando pienamente la legge 225/1992, salvaguardi la sua natura di servizio pubblico, metta ordine nei rapporti Stato-Regioni, intervenga sui centri di spesa e sulle duplicazioni di struttura.

La prevenzione e la tutela del territorio sono un’occasione unica per creare posti di lavoro stabili e qualificati. Il Servizio Civile non deve essere inteso come sostitutivo delle professionalità già impegnate in compiti di protezione civile, di manutenzione territoriale e prevenzione del rischio idrogeologico. Riteniamo, invece, che una quota parte dei 100 mila giovani possano essere addestrati per essere impiegati, unitamente al già esistente volontariato di Protezione Civile, in casi di calamità o catastrofi.

Per quanto riguarda gli appalti occorre, infine, garantire tempi certi e capacità di intervento ma anche e soprattutto la legalità, il rispetto dei diritti dei lavoratori e le norme di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

**Ambiente e territorio Cgil nazionale. Articolo scritto insieme alla Consulta nazionale per la Protezione Civile Fp Cgil

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